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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

LA MOSCA COCCHIERA IN PILLOLE

IN PILLOLE

Il virus del raffreddore esiste da milioni anni, già ben prima dell’uomo moderno. Un team di microbiologi dell’Università di Copenaghen lo ha scoperto analizzando il Dna di alcuni denti da latte sepolti in profondità in un remoto sito archeologico vicino al fiume Yana, in Siberia, che sono stati datati 31mila anni fa. Secondo New Scientist è la più antica prova conosciuta di infezioni virali riscontrate negli esseri umani. La precedente prova di un virus identificabile in un Homo Sapiens risaliva a soli 7mila. Secondo uno studio pubblicato nel 2019 su Nature, che ha analizzato resti in Mongolia datati 4.500 anni fa, l’epatite B ha infettato le persone dall’età del bronzo. Il primo caso noto di infezione batterica, invece, risale a 17mila anni fa, e fu rintracciato in un bisonte nel Wyoming affetto da tubercolosi. La tubercolosi fu trovata nella colonna vertebrale di alcune mummie egizie, risalenti a circa 5mila anni fa. Eske Willerslev, genetista di Cambridge, e Martin Sikora, ricercatore del Lundbeck Foundation Center for GeoGenetics dell’Università di Copenaghen, ci spiegano i dettagli tecnici delle ricerche. Si dice concorde, su New Scientist, Sofie Holtsmark Nielsen, microbiologa dell’Università di Copenaghen. Caitlin Pepperell, microbiologa dell’Università del Wisconsin-Madison, non coinvolta nello studio, è in disaccordo: ha detto che quando gli organismi ricombinano il loro DNA, come fa l’adenovirus C, il segnale viene strapazzato. Ma ha detto che riuscire a estrarre informazioni genetiche da materiale così antico è stato un notevole risultato tecnico. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “E questo come ci fa progredire, verso una vita migliore?”.

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Per stare bene è necessario scoreggiare almeno venti volte al giorno. Lo consiglia la rivista Healthy and Natural World, spiegando che le flatulenze sono segno di una sana attività intestinale, e aiutano a prevenire malattie. I ricercatori dell’Università di Exeter hanno dimostrato che il solfuro di idrogeno, uno dei gas più puzzolenti prodotti dal nostro corpo, sarebbe in grado di proteggere i mitocondri (organelli intracellulari produttori di energia), scongiurando diabete, attacchi cardiaci e ictus. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Mi raccomando, regolate il conteggio: non più di venti!”.

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I batteri nello stomaco delle mucche sarebbero in grado di degradare la plastica. L’inquinamento da platica è ovunque, e tutti noi, inconsapevolmente, ne ingeriamo particelle minuscole. Esistono microbi in grado di degradare il poliestere naturale, per questo gli scienziati hanno deciso di studiare lo stomaco dei bovini, e verificare l’efficacia dei tanti microbi che vi alloggiano. La dottoressa Doris Ribitsch, e i suoi colleghi dell’Università di Vienna, hanno prelevato da un macello in Austria un po’ di liquido dal rumine di una mucca, poi incubato con tre tipi di poliesteri: PET (polimero sintetico usato in tessuti ed imballaggi); PBAT (plastica biodegradabile usata nei sacchetti di plastica compostabili); e PEF (materiale biobased ottenuto da risorse rinnovabili). Tutte tre le plastiche sono state scomposte dai microrganismi provenienti dallo stomaco delle mucche. L’uso di enzimi è considerato un modo per riciclare plastica in maniera ecologica: è un’alternativa a bruciarla o convertirla. La società francese Carbios ha trovato un enzima che fatto lavorare assieme ad altri fa ottenere una degradazione migliore, e ora lavora all’ottimizzazione dei processi. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Non ci resta che insegnare alla mucca a mangiare plastica, così chiunque potrà tenerla sul balcone del condominio in città. E avrà latte fresco”.

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