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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

COME PIOVEVA


​Pur non essendo una "Gretina", devo ammettere, semplicemente ricordando il passato, che il clima è diventato piuttosto bizzarro. Non piove più come una volta - dico, da vecchia nonna nostalgica - e anche gli ombrelli non sono più gli stessi.


C'era una volta... il portaombrelli. Noi ne avevamo uno, pesante e panciuto come un'anfora greca. Stava nell'ingresso, accanto alla porta, e conteneva tutti gli ombrelli della famiglia: il più grosso, di pesante stoffa nera, era del nonno, che "aveva fatto la grande guerra" e raccontava di giorni terribili trascorsi sotto la pioggia battente nelle trincee, bagnato fino al midollo, e senza ombrello. Da vecchio reduce lo usava per andare in piola a giocare a scopa, e quando non pioveva gli serviva da bastone.


Quello nero più piccolo era del babbo: lo usava raramente perché girava in bicicletta anche con la pioggia, indossando una mantellina scura che lo faceva sembrare un becchino. Quello della mamma era bellissimo, con arabeschi colorati e il manico di avorio. Così bello che se c'era il temporale usava quello di papà, per paura che una folata di vento potesse romperlo. Poi c'erano i nostri, piccoli, azzurri, con il manico di un materiale duro dall'odore penetrante, che papà chiamava 'bachelite'.


Quegli ombrelli non erano cinesi: costavano cari, ma duravano tanto, e quando si rompevano c'era l'ombrellaio che sapeva ripararli.


Io ero una bambina precoce, cioè ero già sbadata e smemorata a sei anni, esattamente come adesso. Perciò mi capitava spesso di dimenticare l'ombrello, a scuola o a casa di qualche amica o in un negozio, ma lo ritrovavo quasi sempre. Una volta lo dimenticai alla fermata del tram, appeso a un cestino dei rifiuti: me ne accorsi quasi subito, scesi alla prima fermata e tornai indietro correndo, ma l'ombrello era sparito. Non solo mi presi una bella punizione, ma invece di comprarmene uno nuovo mi diedero quello di mia sorella, e l'ombrello nuovo lo ebbe lei, che era decisamente più attenta e responsabile di me. È questo lo stress dei bambini prodigio: avere fratelli e sorelle normali.


Nelle mattine di pioggia, alla fermata del tram c'era un tripudio di colori che sembrava un giardino olandese al tempo della fioritura dei tulipani: era il popolo dei mezzi pubblici. Ancora non è stato chiarito perché, nonostante le numerose ricerche scientifiche e ingegneristiche al riguardo, nelle giornate di pioggia il traffico delle città vada in tilt, e i mezzi pubblici siano in cronico ritardo. Quando arrivava finalmente il tram, era già strapieno, ma noi studenti ci accalcavamo gli uni agli altri per salire comunque, chiudendo gli ombrelli all'ultimo momento per non bagnarci, e chiudendo anche gli occhi per evitare che le bacchette ci potessero accecare. Saliti sul mezzo, pigiati come sardine, si cominciava a spingere cercando di raggiungere le porte della discesa in tempo per la nostra fermata, calcolata a stima perché i finestrini erano completamente appannati per l'umidità. In questo frattempo gli ombrelli, nostri e altrui, ci sgocciolavano nelle scarpe e negli stivali, e sul tram si cominciava a sentire un olezzo di stalla.


Oggi, di portaombrelli se ne vedono pochi, e i motivi sono tanti. Per cominciare andiamo tutti in macchina, anche da qui a lì, e portiamo i figli a scuola in auto fin dentro il cancello. Gli ombrelli li compriamo al mercato dai cinesi. Costano pochi euro, e si possono tenere in borsetta o in auto perché sono pieghevoli, ma pieghevoli una sola volta: la seconda si rompono e li butti via. Per questo, più che di portaombrelli c'è bisogno di cestini dei rifiuti in cui buttarli.


Infine, sono cambiate anche le piogge: sono diventate cinesi pure quelle, nel senso della durata e della cattiva qualità. Le piogge moderne sono forse più rare di quelle di una volta, ma in poco tempo sommergono strade e ponti, e allagano le pianure. L'ombrello serve a poco, e a volte l'acqua entra pure in casa, quindi una barca sarebbe più utile di un portaombrelli.

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Stefania Marello - AC

                                                                                                                 Come piovev

Come piove



Ed io pensavo ad un sogno lontano
A una stanzetta d'un ultimo piano
Quando d'inverno al mio cuor si stringeva
Come pioveva, come pioveva...

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(Armando Gill - 1918)

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