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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

ABELARDO ED ELOISA - UNA STORIA DA MORE

Si sono conosciuti su un sito di incontri.

Si sono dati appuntamento nel parcheggio della Coop, una domenica mattina. Lui aveva detto di chiamarsi Abele Ardò, per gli amici Abelardo, e che sarebbe giunto all'appuntamento con una polo blu. Lei, nick name Eloisa, aveva scritto: "Io avrò una mini rosa".

Quel mattino i clienti del supermercato vedono una squinzia in minigonna rosa girovagare nel grande parcheggio, e un tizio appoggiato ad una Volkswagen Polo, di colore blu, in evidente attesa di qualcuno.

Sì, perché lei si aspettava un uomo in maglietta blu e lui una ragazza alla guida di una Mini Minor rosa.

A Dio piacendo (in questo caso si tratta forse di Cupido, il dio dell'amore) i due, alla fine di una snervante attesa, si riconoscono. Abelardo pensa che Eloisa sia ragazza molto graziosa, se pure piccola di statura.

Eloisa è meno entusiasta: il suo primo pensiero è che il soprannome Abelardo sia azzeccato, in virtù del notevole lardo nella zona del girovita. E non ha preso bene l'equivoco della polo.

Lui vorrebbe spiegarle che, trattandosi di un parcheggio, era più logico fornire la descrizione dell'auto, piuttosto che dell'abbigliamento, ma la ragazza è così carina con quella minigonna che non riesce a dire niente, e nemmeno a pensare a niente, se non al momento in cui gliela toglierà...

Pranzano al bar della Coop, fanno shopping nel centro commerciale, o meglio, lei fa shopping e lui la aspetta nella bolgia domenicale reggendole il golf (e non la Golf) e la borsetta. Insomma, alla sera si rendono conto di essere stati bene e di volersi rivedere.

È l'inizio di una lunga e felice frequentazione. Beh, lunga non tanto. Felice, forse.

Dopo un paio di mesi, una bella domenica di sole, Abelardo, stufo di pomeriggi passati al cinema o a fare shopping, propone una giornata all'aria aperta, per esempio a raccogliere le fragole sulle colline di San Mauro.

Che ci siano fragole sulle colline di San Mauro è una leggenda metropolitana dura a morire; se poi la stagione delle fragole è finita è normale che i due cercatori vaghino a lungo, come pellegrini sulla strada di Compostela, senza trovarne nemmeno una. Eloisa, stanca e accaldata, è di pessimo umore.

Gli unici frutti selvatici presenti sono le more, che però, a differenza delle fragole, stanno ben protette dentro ingarbugliati e spinosi cespugli, che crescono lungo ripide scarpate.

Naturalmente la giovane si è tutta ringalluzzita all'idea delle more, perciò, per farla contenta, Abelardo si cala atleticamente (insomma, si cala...) lungo il pendio a lato del sentiero, strappandosi la camicia nuova, graffiandosi le braccia e la faccia, per poter raccogliere le more mature che lei gli indica dall'alto: "Guarda lì, ce n'è una enorme... E a destra amò, guarda a destra quante!". Lui riempie il sacchetto di more, quasi incurante delle spine che lo stanno torturando, eroico e sprezzante del dolore. Pensa a una sola cosa: che lei gliene sarà grata.

Ma quando è il momento di risalire, la panza e la totale mancanza di agilità si fanno sentire: si aggrappa disperatamente ai rovi, rovinandosi (ovvio, trattandosi di rovi...) le mani. A fatica riesce ad arrivare alla mano che lei gli tende dal ciglio della strada. Lei tira con tutte le sue forze e il giovane, nello slancio, tutto rovinato dai rovi, le rovina addosso. Tragedia: le more finiscono spiaccicate, in parte sulla maglietta di lui e in parte sul vestito di lei. Non solo: sul candido vestito finisce anche il sangue dell'innamorato raccoglitore di more.

Da allora non si sono più rivisti. Ma Abelardo non si da per vinto, e le scrive un messaggio con tanti cuoricini e una romantica poesiola a lei dedicata. Nella poesia Eloisa viene descritta come una donna bellissima che, per i suoi capelli scuri e i meravigliosi occhi verdi, assomiglia a una persiana.

Ancora una volta l'equivoco colpisce: Abelardo intendeva una donna della favolosa Persia delle Mille e una notte, ma Eloisa, da sempre complessata per la bassa statura, non gradisce essere paragonata a una... tapparella.

Questa è la fine delle more, dell'amore, e della nostra storia.

Stefania Marello



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