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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

LA MOSCA COCCHIERA IN PILLOLE

L’abbuffata è un istinto innato. Gli alimenti, soprattutto quelli ricchi di zuccheri, costituiscono una fonte di energia subito disponibile per l’organismo, e stimolano il rilascio di dopamina nel cervello, il neurotrasmettitore associato alla motivazione e al senso di gratificazione. Lo spiega un team di farmacologi italiani, coordinati da Silvana Gaetani, ordinario dell’Università La Sapienza di Roma, e da Carlo Cifani, associato dell’Università di Camerino. Sono i due coordinatori del Gruppo di lavoro “Obesità, Sindrome Metabolica e Disordini Alimentari” della Società Italiana di Farmacologia. Il team ha pubblicato su Nature Neuropsychopharmacology lo studio che ha identificato la oleoiletanolamide, molecola-farmaco che previene e contrasta il disturbo da alimentazione incontrollata. Rifugiarsi nel cibo aiuta a sfuggire alle emozioni negative, e gratificarsi con comportamenti che rilasciano dopamina. Bed, Binge eating disorder, è il disturbo alimentare caratterizzato da episodi di abbuffate fuori controllo, analoghe a quelle della bulimia. Per Adele Romano e Maria Vittoria Micioni Di Bonaventura, ricercatrici de La Sapienza e dell’Università di Camerino, co-primi autori della pubblicazione, questa molecola potrebbe contrastare il “Bed” modulando le funzioni di specifiche aree del cervello attivate da stress o da stimoli gratificanti. In sostanza, forse arriverà presto la pillola anti-abbuffata, e dimagrante. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Ma è meglio nascere biologicamente perfetti, come me”.

Le ricerche sulle malattie vascolari e neurodegenerative sottolineano un legame diretto tra l’inquinamento e la salute cerebrovascolare. Le particelle di particolato penetrano in profondità, e passano dai polmoni al sangue, devastando l’organismo. Lo smog aumenta il rischio di sviluppare la demenza. “Nature Climate Change” ha analizzato 69 nazioni, il 97% delle emissioni globali e l’85% della popolazione del mondo. Il Crea, Centre for Research on Energy and Clean Air, avverte: “L’effetto rimbalzo dopo il lokdown è in atto nelle città cinesi, dove il particolato fine, gli ossidi di azoto, e l’anidride solforosa, hanno superato i livelli del 2019. Allarmanti gli studi del Karolinska di Stoccolma apparsi su Jama Neurology: provano il legame tra l’inquinamento e la salute cerebrovascolare. Lo controfirma Stefano Cappa, un professore di neurologia dello Iuss, e responsabile del Dementia Clinical Research Center dell’Irccs Mondino di Pavia. Un altro lavoro, su Neurology, ha confrontato gruppi distinti di residenti nell’area Nord di Manhattan e nei quartieri di Inwood e Washington Heights da oltre 6 mila persone, monitorate con i test di valutazione neuropsicologica, risonanza magnetica ed esami di laboratorio per sette anni. Sono emersi un maggiore deterioramento cognitivo e un più rapido declino in funzione dell’esposizione all’aria di cattiva qualità, al netto di fattori di rischio come quelli sociodemografici. La prima autrice del lavoro, Erin Kulick della Brown University School of Public Health, concorda con i dati apparsi sul British Medical Journal, su Lancet, Brain, e Caleb Finch, gerontologo della University of Southern California. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Ci sono molte altre cose che causano demenza. Qualsiasi riferimento a politici e leader movimentisti italiani è puramente casuale, è ovvio!”.

Chi cammina a passo svelto vive 15 anni in più, secondo un’indagine dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sulla Salute del Leicester Biomedical Research Center. L’aspettativa di vita di chi marcia veloce sarebbe di 86 anni, contro i 64 di chi se la prende comoda. Per le donne è 87 a 72. Camminare veloce riduce l’indice di massa corporea, che secondo il Professor Tom Yates dell’Università di Leicester aumenta l’aspettativa di vita. L’epidemiologo clinico Francesco Zaccardi, un coautore, svela che evitare l’obesità migliora quel segmento di vita in più, riducendo disturbi quali artrosi, malattie cardiovascolari, diabete, complicanze respiratorie, rischio di avere problemi oncologici. E pertanto, la qualità della vita vale più della sua estensione. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino, 107 anni: “Io ho fatto il podista per moltissimi anni, e si potrebbe dedurre di conseguenza che sono diventato immortale? Non esageriamo”.

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