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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

LA MOSCA COCCHIERA IN PILLOLE

IN PILLOLE

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Il freddo può dimezzare le dimensioni del pirillo. Il caldo estivo può determinare un aumento della pressione sanguigna causando il “pene estivo”, ma in inverno può verificarsi l’opposto, il “pene invernale”: una risposta fisiologica dell’organismo al freddo, simile a quel che accade con le mani e i piedi. Per preservare la temperatura corporea, l’organismo riduce l’afflusso di sangue alle periferie, e questo fa sì che le estremità del corpo, compreso il pene, diventino fredde. Il disturbo è temporaneo, e non provoca danni permanenti. Ha esaminato questa condizione dal punto di vista scientifico, non solo osservazionale, un gruppo di ricerca dell’Università di Leeds e del Queen Elizabeth Hospital di Birmingham, guidato da Oliver Kayes e Richard Viney. Urologi ed esperti di salute sessuale stimano che le temperature più fredde possono ridurre la lunghezza del pene fino al 50%: “In generale un uomo nudo sotto zero ha una contrazione dello scroto, perché il muscolo si muove per avvicinare i testicoli al corpo ed evitare che si raffreddino eccessivamente. Si tratta di un riflesso naturale, invertito con un bagno caldo per 5 minuti”. Per contrastare l’evento, gli esperti suggeriscono di coprirsi bene, e di restare sessualmente e fisicamente attivi. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Troppi ricercatori hanno l’ossessione del pirillo piccolo”.

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Sperimentato un chip, impiantabile nel cervello, che permette di comunicare solo con il pensiero: decodifica i segnali provenienti dall’area cerebrale che controlla i muscoli usati per parlare, e prevede i suoni che si sta cercando di pronunciare. Per ora, il metodo descritto su Nature Communications, e sviluppato da Gregory Cogan e Jonathan Viventi, dell’Università Duke, negli Stati Uniti, si è dimostrato efficiente per pochi suoni e parole senza senso, ma è il primo importante passo per aiutare in futuro chi ha disturbi del linguaggio. Molti disturbi, tra i quali la Sindrome Laterale Amiotrofica, colpiscono i neuroni per il controllo motorio, e limitano la capacità di parlare, e gli attuali sistemi per aiutare chi ne è colpito sono ancora molto lenti, non efficaci. Per cercare di aiutarli, i ricercatori americani hanno sviluppato una nuova tipologia di chip, impiantabile nel cervello, capace di riconoscere i segnali prodotti dai neuroni coinvolti nel coordinamento motorio per il linguaggio: un centinaio di muscoli che controllano il movimento della lingua e delle labbra. I dati sono stati inseriti in un algoritmo di apprendimento automatico, che prevede quale suono il paziente avrebbe voluto produrre. Il metodo ha dimostrato una precisione dell’84%. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Un’ottima notizia. Speriamo sia velocemente applicabile ai giovani di oggi che si esprimono con versi gutturali analoghi a quelli dei primati”.

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I vecchi non si tolgono più dalle palle. E la terza età si sposta sempre più avanti. Il demografo Alessandro Rosina spiega che tra la fine dell’età adulta, che coincide con i 67 anni della pensione, e quando a 79 anni si é “anziani”, c’è una fase attiva, sana, progettuale, di tarda maturità: un’età nuova di potenzialità. Ci sono 14 milioni di over 65. La società di Geriatria e Gerontologia italiana ha proposto di identificare la terza età a 75 anni, e non a 65. Rosina: “Con le loro salde pensioni, e in buona salute, potendo contare ancora sul servizio sanitario nazionale, reti familiari, e case di proprietà, un alto livello di istruzione, straordinarie potenzialità della tecnologia: per loro c’è un orizzonte inedito di almeno due decenni di vita attiva, da scrivere e da immaginare”. I centenari sono passati da 20 a 22 mila, ma i sistemi di welfare continuano ad essere erosi, tra pensioni e sanità non più garantite: l’allungamento della vita non sarà più una risorsa, ma solo l’età della fragilità, povertà e amarezza. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino, 107 anni: “Comunque, chi ci soffre di più è ancora l’INPS”.

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