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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

In questa sezione sono riportati articoli scritti tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC collaborava allegramente con LA TAMPA

UN PO’ DI CULTURA


Gent.ma Accademia,


sono Giusto da San Giusto e la scorsa settimana mi sono recato alla Locanda del Giorgione a Vallo di Caluso, con Teodoro da San Teodoro, un amico giunto qui dalla isolata, isolare e assolata Sardegna.


Nella locanda ho notato il cartello (del quale allego la foto) indicante la toilette con la curiosa scritta "CULTUS".


In un primo tempo credevo si trattasse di una scritta in antica lingua sarda, ma il mio amico Teodoro ha assicurato che non è così.


Potete per favore dirmi il collegamento tra il cultus e la toilette?


Al ritorno ho mancato una precedenza all'incrocio e un automobilista mi ha detto: "VAFFANCULTUS", cosa significa?


Con i giusti saluti

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Giusto da San Giusto


Caro Giusto, come sicuramente saprai Cultus è una parola latina, traducibile in italiano con Culto.


Tutti noi usiamo questa parola per indicare venerazione per qualcosa (culto del cibo, culto del bello ecc.) oppure intendiamo l’insieme dei riti di una religione.


Ma tu ti chiedi, giustamente, perché in quella locanda la parola è stata associata alla toilette.


Ed è qui che intervengono i linguisti dell’Accademia.


Esistono due spiegazioni.


La prima è anche la più semplice.


Cultus potrebbe essere la contrazione di cul tuus (tuus = tuo, in latino), dall’ovvio significato di parte del tuo corpo che, in un locale pubblico, scopri soltanto quando vai in bagno.


La seconda spiegazione è decisamente più ardita ed elaborata.


La parola cultus, associata alla toilette dei luoghi pubblici, potrebbe derivare, pensa un po’, da cul-de-sac, espressione tardo francese che significa strada senza uscita. Alcuni dialetti provenzali hanno storpiato la parola in cul-tu-sacc, da cui è derivata successivamente la forma contratta cul-tus.


Se ci pensi bene, i servizi dei locali pubblici sono situati quasi sempre in fondo ad un corridoio o nell’angolo estremo del locale o ancora in fondo ad un cortile. Prova a farci caso: quando entri non c’è uscita, se non da una stretta finestrella, troppo piccola per far passare chiunque.


Una volta espletate le tue funzioni, se vuoi uscire devi riaprire la porta da cui sei entrato, ma di solito c’è poco spazio: ti tiri la porta in faccia e devi fare acrobazie, tra il water o la turca, la porta e il muro. Un vero incubo, un vero cul-de-sac, che ti fa dire, a volte, vaffancul-de-sac.


Un’altra imbarazzante situazione è quando la serratura, che hai voluto chiudere a doppia mandata per motivi di privacy, si blocca e tu cominci a innervosirti, a picchiare contro la porta, gridando


-Aiuto!- e poi - Vaffancul-de-sac! - a cui aggiungi magari -Sac-de-m..d! – e avanti così, per dare più enfasi, finché qualcuno non ti sente, chiama il gestore, che ti spiega come girare la chiave.


Alla fine esci, ma ci fai sempre una figure-de-emme, per dirla con un’altra curiosa espressione tardo-provenzale.


Potrebbero esserci altri significati, ma qui lasciamo alla fantasia dei lettori e alle loro esperienze di viaggio, poiché, come dice il motto latino, “Quo vadis, cultus qui trovis”, cioè dovunque tu vada trovi cultura.

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Stephanie Hop-là – Paul Rice e gli esperti dell’Accademia dei Cinque Cereali (SETTEMBRE 2012)

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AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA

CALCIO AMICHEVOLE

IL PROSSIMO ALLENATORE DELLA NAZIONALE POTREBBE ESSERE QUELLO DEL NICHELINO CALCIO


Negli ultimi anni l'Italia negli incontri amichevoli vince sempre. Abbiamo battuto agevolmente persino l'Olanda, che è squadra di tutto rispetto.


Siamo saldi al primo posto della classifica mondiale FIFA FRIENDLY (sigla che significa “paura amichevole”, come quando si faceva ‘cucù… bau’ all’amico di scuola materna) con ben novanta punti di distacco su Germania e Brasile. Probabilmente proprio da questo punteggio nasce il detto “La FIFA fa novanta”.


A breve potrebbero essere organizzati i campionati mondiali ed europei delle amichevoli, con nuovi trofei come la Coppa del Nonno e la Champions Sumà, dove punteremo a conquistare entrambi i titoli a piè pari.


La certezza di vincere sarà praticamente assoluta, tanto che, secondo alcune indiscrezioni, per risparmiare si potrebbe sostituire l’attuale allenatore con il Mister della Nichelino Calcio.


Subito dopo il cambio di ragione sociale della FIGC, questa, potrebbe sottoporgli un ben più vantaggioso contratto Co.Co.Co. (Come? Cosa? Corbezzoli!) per le sole partite ufficiali.


La FIGC, con ogni probabilità, assumerà un allenatore low cost con contratto in NERO (Niente Euro Rosicate Operatori) a un allenatore proveniente dalle serie minori. Pare stia valutando tra una rosa di allenatori da scegliere fra il C.T. del Piossasco Calcio, l’allenatore dei Pulcini del Bacigalupo e il Mister della Società Calcistica Pinerolo. Sempre nell’ottica dell’economia le mamme e le nonne dei calciatori, dopo le partite, potrebbero occuparsi di lavare le divise in casa.


Se l’esperimento dovesse funzionare, si passerebbe direttamente al piano B: Balotelli, Bonucci, Bertolacci, Bonaventura, Bortolasi eccetera, praticamente tutti i calciatori i cui nomi iniziano con la B, potrebbero essere sostituiti dai loro omologhi di Collegno, Orbassano, Grugliasco e Volpiano, con notevole risparmio anche per la Federazione Italiano Giuoco Calcio.

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Freddy Marchiori & Paul Rice – ACC (NOVEMBRE 2017)

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AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA

NON È IL PETROLIO A MANDARE AVANTI IL MONDO, MA L’ALCOOL

CARBURANTI SVENDUTI A PREZZI RIBASSATI: SI TRATTA DI CONCORRENZA SLEALE ALLE BIRRERIE?

PRESTO SARÀ FONDATA UN’ASSOCIAZIONE PER COMBATTERE L’ANALCOLISMO

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Non tutto è oro quello che luccica, è risaputo, ma e altrettanto vero che non tutto è carburante ciò che “carbura”, come una buona birra belga, o un whisky doppio malto.


Lo sanno bene i gestori delle birrerie, dei pub e dei locali notturni di tutta Italia che, già messi a dura prova dal nuovo Codice della Strada con normative sempre più restrittive nei confronti dei bevitori, per non parlare del divieto di fumo, ora si trovano a fare i conti con i petrolieri, i quali praticano sconti nei weekend o negli orari di chiusura delle stazioni di servizio.


Il risultato di questa campagna a favore dei carburanti è deleterio per gli operanti nel settore “divertimento”, migliaia di giovani vengono incentivati a spendere i pochi soldi di cui dispongono presso il distributore automatico, preferendo passare la serata in coda per il proprio turno, invece che seduti a un tavolino a fare il “pieno” di birra.


Molti pub hanno già chiuso e molti lo faranno nei prossimi mesi, purtroppo ogni giovane beve al massimo una sola birretta, o un solo superalcolico (spesso diluiti in cola o succo di frutta) per paura di vedersi ritirare la patente di guida.


La soluzione di fabbricare bicchieri da due litri sarebbe solo un palliativo che non risolverebbe il problema, è necessaria una riforma a favore degli alcolici, spiega Sem Collassati, presidente dell’A.I.S.S. (Associazione Italiana Sommelier Scoppiati).


Ricordiamo, a titolo esemplificativo, solo alcuni danni che l’analcolismo provoca all’economia italiana:

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- Azzerati i casi di coma etilico: aumento della disoccupazione per paramedici e per medici (i primi a farne le spese sono i neolaureati);

- Meno incidenti stradali significa meno lavoro per carrozzieri e venditori di auto (questi ultimi già provati dalla crisi);

- Riduzione di forniture ai locali uguale riduzione di lavoro per grossisti e per camionisti i quali, per uno strano effetto collaterale delle leggi dell’economia, curiosamente risparmiano il carburante nella stessa misura in cui viene venduto ai giovani, pareggiando così i litri venduti, ma riducendo i posti di lavoro.

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L’elenco potrebbe proseguire, non è il caso di menzionare il calo di vendite di attrezzature ortopediche, corone, fiori, e crisi del settore riabilitativo, ma è già sufficiente a dare un’idea di come l’indotto del divertimento ad alto tasso alcolico abbia un raggio d’azione così ampio da condizionare l’intera economia italiana.

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Freddy Marchiori & Paul Rice – ACC (SETTEMBRE 2012)


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AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA

T.O.R.S.O.L.I.: UNA TASSA TASSATIVA MA SALUTARE


Nel corso del 2014, oltre alla TIA, alla TARES, alla TARSU e alla TRISU avremo anche la TORSOLI che non è, a dispetto del nome, una nuova tassa sui rifiuti organici e non c’entra affatto con la raccolta differenziata.


Chi la pagherà, e perché?


La T.O.R.S.O.L.I., cioè la Tassa sull’Obesità Resistente e la Sedentarietà Obiettivamente Limitante dell’Infanzia, è una tassa che pagheranno i genitori dei bambini in sovrappeso, da quelli grassottelli a quelli decisamente ciccioni.


Visti gli allarmi lanciati periodicamente dall’OMS sull’aumento dell’obesità infantile e sui rischi che essa comporta per la salute anche in età adulta, e visto il bisogno di denaro per le casse dello Stato, la Presidenza del Consiglio ha deciso di prendere due piccioni con una fava: bambini più snelli, e quindi più sani, e maggior afflusso di denaro al Fisco.


Quando sarà entrata in vigore la nuova tassa, ogni genitore dovrà portare i propri figli una volta al mese agli ambulatori di zona, per la pesata mensile.


Il dato verrà inviato direttamente all’Agenzia delle Entrate, che provvederà a compilare e spedire i modelli per il pagamento della TORSOLI.


La campagna pubblicitaria è già partita, con locandine che espongono in primo piano un piatto di torsoli di mela, con sotto la scritta: “Una mela al giorno leva la TORSOLI di torno”; le troverai presto sui mezzi pubblici, nelle mense, al supermercato, nelle ASL...


I genitori dei bambini inappetenti hanno lanciato grida di giubilo: non dovranno pagare la TORSOLI.


Finalmente non andranno più a scocciare il pediatra per avere vitamine, integratori della dieta e sciroppi che stimolano l’appetito, e forse smetteranno anche quel teatrino indegno, nel quale si esibivano al momento dei pasti, con la speranza di far ingurgitare qualche cucchiaiata di pappa al loro marmocchio riottoso.


E smetteranno di angosciarsi al momento di pesarlo, anzi, si rallegreranno se non sarà cresciuto nemmeno di un etto.


Al contrario, mamme e papà di bambini con tendenza alla pinguedine sono già sul piede di guerra. I soliti medici autorevoli che compaiono sempre in televisione, il dottor Veronesi e il Professor Garattini, l’uno che ha ormai i ciuffi di cicoria che spuntano dalle orecchie e l’altro con l’immancabile dolcevita bianco sotto la giacca (che non è un capo d’ abbigliamento, ma è proprio una seconda pelle, cucita addosso come la tutina di certi bambolotti) hanno spiegato che questa tassa non solo è giusta, ma farà un gran bene alla nostra società.


È giusta, perché i bambini ciccioni di oggi saranno gli adulti obesi di domani, con i conseguenti problemi di sindrome metabolica, tutti a carico del già disastrato Sistema Sanitario pubblico. Perciò, che comincino a pagare sin d’ora!


È benefica perché i genitori, per evitare di pagare una tassa in più, si daranno da fare per mantenere il peso forma dei loro pargoli.


Non vanno più di moda le madri che si tolgono il pane di bocca per darlo ai figli. È tempo di mamme che strappano ai bambini l’ultimo biscotto, il barattolo della Nutella, il bombolone alla crema.


Mamme che spengono il televisore, vendono la Play Station e l’automobilina elettrica per comprare una bicicletta vera, dotata di strani cosi, detti pedali. Che al figlioletto assetato non porgono la coca, il succo di frutta, il latte al cioccolato, ma un bicchiere di liquido trasparente, e gli dicono: “Gioia mia, prova questa. Si chiama acqua”.


E al posto del Tiramisù portano in tavola un Tiramelodietro, cioè uno sformato di spinaci e costine, preparato secondo un’antica ricetta congolese.

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Stephanie Mangépas (LUGLIO 2014)

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AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA

BREVE TRATTATO SULL’ANGOLO DI CURVATURA DELLE BANANE

Un uomo si presenta dal dottore, con una carota in un orecchio e una banana nell'altro:

-Dottore, ultimamente non sento molto bene.

-Mi sa che lei non si alimenta correttamente!

(Dialogo tratto da “Le confessioni di un vegeitaliano”)

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Ora che l’Unione Europea ha abolito le norme riguardanti la forma e le dimensioni di frutta e verdura, necessarie per essere commercializzate all’interno della CEE, diventa più complicato fare la spesa.


Ogni massaia si trova gravata di pesanti responsabilità, e deve prendere decisioni difficili, ma fondamentali per la corretta alimentazione dell’intera famiglia. Fragoline o fragoloni? Mele o meloni? Lime o limoni? Pere o Peroni? Con il rischio di far confusione, e acquistare un cartone di birre al posto della frutta.


E quanto deve essere peloso un kiwi? Perché i “persi patanù” sono diventati in italiano pesche noci? E i cachi grossi, come si chiamano? Sarà vero che combattono la stitichezza? Insomma, domande non facili. Sovente la massaia si ferma a riflettere tra le bancarelle del mercato ortofrutticolo, senza capire un fico secco. E poi, come l’uva, passa oltre.


Consumare frutta e verdura è un imperativo categorico: non passa giorno senza che i media ce lo ricordino, e i fan del dottor Veronesi sono a un passo dal brucare persino l’erba delle aiuole.


“Essere alla frutta” è un modo di dire che sta assumendo nuovi significati. Per esempio l'uomo associa sempre la donna alla frutta. Infatti vuole una bella mora, con due belle pere e soprattutto pensa sempre: "Mela darà"? Persino i medici associano il corpo femminile alla frutta, affermando che la donna con il corpo a forma di mela abbia un rischio cardiovascolare maggiore della cosiddetta donna-pera, anche se finora nessuno ha osato spingersi a studiare la donna-banana, soggetta probabilmente a sciatalgie persistenti e al colpo della strega.


E il dilemma più straziante riguarda appunto la banana, che qualcuno ha definito l’unico frutto dell’amor, nonostante la spietata concorrenza delle prugne, che hanno fatto ricorso, e ora attendono la sentenza del Tar.


Com’è fatta la banana migliore? Deve essere dritta o curva?


Tutte le banane sono più o meno ricurve, poiché seguono le linee del cosiddetto “casco di banane”, una forma armoniosamente ovale, come ogni casco che si rispetti. Si è mai visto un motociclista con un casco cubico o a piramide? No. Al massimo si vedono circolare motociclisti senza casco, che si possono definire delle autentiche teste quadre.


Ci sono però banane con diverse curvature, da quelle quasi dritte (banana recta) a quelle quasi a semicerchio (banana sinuosa, o flexa, o scoliotica), e gli estimatori, per capire quali siano le migliori, vanno quasi fuori di melone; anzi, fuori di banana.


Dopo approfonditi studi, e audaci sperimentazioni, l’ACCE ha stabilito che la banana migliore non è quella dritta, che è risultata insipida e poco maneggevole, oltre che troppo lunga per i cassetti del frigo, ma nemmeno quella eccessivamente curva, che sembra una ciambella con il buco mal riuscito.


Le banane ottimali hanno l’angolo di curvatura di circa 140° 30’ 10’’.


Esse, non solo si sbucciano meglio, si mangiano meglio, e sono più digeribili (attenzione: se le mangiate con la buccia possono causare anch’esse qualche disturbo), ma sono anche più nutrienti.


Dopo aver letto le nostre relazioni, il Dittatore dello stato libero di Bananas, Woody Banal Bokassa, ha deciso che nelle piantagioni di banane del suo territorio, oltre all’Uomo del Monte che dice sì, sarà presente un geometra o - meglio ancora - un architetto, che abbia frequentato lo stage di design presso l’azienda Giorgetto Giugiaro Italdesign a Moncalieri, con il delicato compito di controllare la giusta curvatura delle banane, a garanzia di una qualità e anche di un’estetica migliore.


A conclusione del nostro studio, quindi, possiamo dare due semplici “dritte” al forte consumatore di banane: la prima è di non acquistare mai quelle dritte, la seconda è di recarsi a fare la spesa dotato di goniometro.


Lasciamo dunque l’espressione “Raddrizzare le banane” ai politici che, dopo aver smacchiato i giaguari, pettinato i bruchi, e consolato i salici piangenti, sono rimasti a corto di idee.


E non facciamoci influenzare dai bollini blu, pensando di acquistare un prodotto a basse emissioni inquinanti.

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Stephanie Hop-là - idea by Kristine Lachen – ACCE (SETTEMBRE 2013)

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***Nota dell’editore per i traduttori in spagnolo

Banana si dice banana anche in inglese, banane in francese e in tedesco; ma - attenzione - in spagnolo si dice platano, esattamente come la pianta del platano. Si consiglia di aggiungere immagini chiarificatrici, per non ingenerare pericolose confusioni.

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AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA


Banane variamente incurvate (Foto Fasso)

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Incrocio di ananas con banane spagnole

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Raddrizzatore di banane

Continua...

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