Umorismo di sostegno
PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016
ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ
Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.
BEATI I LUPI
Complice il moltiplicarsi dei centri commerciali, la diffusione delle vendite online, e la recessione economica, molti negozi hanno abbassato definitivamente le saracinesche: piccole rivendite alimentari, cartolerie, edicole. Al loro posto spuntano soprattutto ristoranti etnici, agenzie di viaggi e centri estetici. Come se i nostri pochi risparmi venissero spesi in abbuffate di sushi e kebab, oppure in manicure, pedicure, lampade abbronzanti, massaggi e depilazioni, e infine - perché no? - in mini-vacanze ai tropici in offerta “last minute”. Del resto, ha senso: come potresti andare in spiaggia pallido, con la cellulite, e i piedi deturpati dai calli? E soprattutto con una fitta peluria che ti ricopre le braccia e le gambe, e spunta dalle ascelle e dal costume? E se sei una signora, come puoi ostentare con disinvoltura i baffi, che hai provato a decolorare in casa, ma con risultati pessimi, perché ora assomigli al ritratto di Garibaldi?
Secondo la tassonomia (scienza che non si occupa dello studio dei tassi, ma che classifica tutte le specie viventi), noi discendenti dell’homo sapiens apparteniamo al gruppo dei primati, come le scimmie, e abbiamo una distribuzione irregolare e capricciosa della peluria, ma terribilmente persistente.
Potremmo rassegnarci, in fondo male non fa.
Ma gli homo sapiens non sono soltanto logica e raziocinio: sono in balia di influenze esterne, di un istinto sociale perverso che li obbliga a seguire il gregge anche nelle insensatezze. Una di queste è la moda, oggi ancora più pressante di un tempo grazie ai social e agli influencer.
Perciò le donne (ma anche molti uomini) sono costantemente in guerra contro un nemico insidioso e socialmente disapprovato: il pelo superfluo. I nostri peli, che spuntano qui e là, senza ottemperare ad alcuna necessità biologica, sono ben accetti solo se crescono sul cranio e sui bordi delle palpebre. Ciglia e capelli rappresentano il pelo amico. Le ciglia femminili vengono persino allungate artificialmente ed evidenziate cospargendole di “mascara”, una sostanza grassa nera e untuosa come il lubrificante per motori, che sbava di nero le guance di lei e il colletto della camicia di lui.
I capelli poi, non solo non si depilano, ma sono oggetto di cure continue. Basta dare uno sguardo al reparto dedicato all’igiene dei capelli in qualunque supermercato: una miriade di flaconi di ogni marca e colore. “Ci sono più shampoo sugli scaffali, Orazio, di quanti ne sogni la tua chioma” direbbe oggi Amleto.
Invece, tutto quello che osa spuntare sul resto del corpo è condannato ad essere dolorosamente estirpato con ogni mezzo a disposizione: rasoi, epilatori, pinzette, creme depilatorie, cerette, raggi laser. Torture praticate appunto nei centri estetici, perché le torture autoinflitte richiedono un coraggio che hanno solo i santi e i fachiri.
A differenza del proverbiale lupo che perde il pelo ma non il vizio, gli esseri umani mantengono i peli (qualcuno anche i vizi) fino alla fine. Con il passare degli anni si diradano i capelli, spariscono le ciglia, ma i peli no, al massimo cambiano posizione: per ogni pelo che perdiamo nelle zone basse, ne spuntano di nuovi dalle narici, dalle orecchie e dai sopraccigli. E sono più ispidi e ostinati che mai.
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Stefania Marello - ACC
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Gatto che ha perso il pelo, ma nulla si sa del vizio.
CORRI, SE CI RIESCI!
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Sfoglio in sala d'attesa una corposa rivista di moda. Dopo ventotto pagine di pubblicità di borse, scarpe, profumi e biancheria, dopo trenta pagine di foto di modelle strafighe che indossano scarpe con il tacco dodici, spunta, a pagina cinquantotto, un articolo che cita l'ennesimo studio scientifico, su quanto siano dannose le scarpe con il tacco alto.
Ma, dico, ci prendono per fesse? E poi, servono studi scientifici per capirlo? Ogni donna che abbia indossato scarpe con il tacco alto sa benissimo di che cosa stiamo parlando. Impossibile camminare disinvolte, guardarsi intorno, fare una breve corsetta per prendere un tram al volo. Difficile camminare sulla ghiaia, sullo sterrato, percorrere strade in salita o in discesa. Non parliamo poi di fare pipì nei bagni con la turca... Inoltre fanno un male cane.
Il piede umano è largo in punta e scarica il peso sul tallone, dice l'articolo, e questa è anatomia.
La scarpa con il tacco, considerata più sexy e femminile di una scarpa bassa, è fatta esattamente al contrario: stretta in punta e sollevata sul tallone. E questa è patologia psichiatrica, di chi le produce e di chi le acquista. Perché la schiena si incurva innaturalmente per compensare il dislivello, il tendine di Achille si accorcia, la caviglia è completamente in balia della forza di gravità, e di una certa gravità sono le inevitabili distorsioni.
E tutto questo perché? Per masochismo? Per sembrare più alte, slanciate, più sexy? Mi chiedo quanto possa essere sexy una donna che non riesce a correre da qui a lì, che scende le scale aggrappata al mancorrente come una paralitica, che guarda perennemente a terra per evitare anche il più piccolo dislivello, e che la sera si spalma il Voltaren sulle caviglie, che nemmeno sua nonna con l'artrite...
Queste scarpe mi fanno venire in mente l'usanza cinese, in voga fino al secolo scorso, di costringere i piedi delle donne, fin da bambine, in fasce strette, affinché i piedi restassero piccoli. In tal modo le donne adulte avevano una caratteristica andatura a passi piccoli, rapidi, ma zoppicanti. Insomma, non andavano lontano, con quei piedi. L'usanza, bandita all'inizio del '900, è ormai estinta.
Invece, la nostra usanza occidentale di torturarci i piedi persiste. Siamo forse meno civili della Cina? Ai posteri l'ardua sentenza.
Però attenzione, donne: la pratica cinese non aveva soltanto motivazioni estetiche (anche perché i piedi così fasciati si deformavano al punto da essere inguardabili senza le scarpe) ma aveva lo scopo di tenere le donne dentro casa, dedite alla famiglia e al servizio del marito. Se anche avessero avuto velleità di fuga o di indipendenza non avrebbero potuto realizzarle con quei piedi.
Da noi invece è il contrario: se non le indossi difficilmente farai carriera.
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Stephanie Pantoufla (APRILE 2017)
LA RISTAMPELLATA: questo articolo è stato scritto tra il 2016 e il 2018 e viene qui riproposto a grande richiesta.
Ahia!
TRENTA GIORNI A NOVEMBRE...
Le grandi opere dei supermercati mese per mese
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Se vi recate a novembre, subito dopo i Santi, nel vostro supermercato restate per un momento disorientati: dov'è finito il banco frigo? E i surgelati, e le rassicuranti offerte di detersivi? Improvvisamente, come se fossero stati edificati nottetempo, vi trovate di fronte a due muri altissimi, costituiti da giocattoli di ogni tipo, costo e dimensione. Per raggiungere i reparti dove fate di solito i vostri acquisti dovete procedere in queste trincee claustrofobiche, tra macchinine, soldatini, dinosauri, giochi da tavolo, giochi elettronici, treni, camion, betoniere, mostri parlanti, bambole che piangono, ridono, dormono, telefonano e fanno pipì.
E non è finita: altri muri si aggiungono a dicembre: panettoni, torroni, cioccolatini, pandoro, cotechini, zamponi, cesti natalizi, alberi di natale, presepi, decorazioni, luci e palle. E vi fate due palle così nel procedere lungo cunicoli sempre più angusti e sempre più affollati.
Finalmente vien gennaio e, dopo l'Epifania, le trincee vengono smantellate. Si crea così un po' di spazio e ci si muove tra muretti più contenuti, che espongono prodotti dietetici, cibi biologici e vegani, tisane digestive, depuranti e dimagranti, il tutto all'insegna della sobrietà che segue le abbuffate delle feste.
A febbraio il carnevale impazza e l'edilizia commerciale si riattiva: con le confezioni di bugie e altri dolcetti carnevaleschi vengono edificati perfetti muri a secco, tra siepi di costumi, maschere, e collinette di coriandoli in confezione famiglia, comunità, esercito.
Ma le giornate si allungano, come la quaresima, e a marzo le corsie si riempiono di attrezzature da giardinaggio, barbecue, carbonella, tavolini da picnic, sacchi di terriccio, vasi e sottovasi, fertilizzanti e concimi.
Ad aprile, quando sarebbe dolce dormire, si è costretti a passare tra muraglie cinesi di uova di Pasqua, colombe, campane e agnelli di cioccolato, torte pasqualine. Spesso si perde l'orientamento e bisogna affidarsi al navigatore del cellulare per uscirne vivi.
Maggio è, come gennaio, un mese di relativa quiete. Finalmente si può fare la spesa e riempire il carrello di ciò che effettivamente serve: latte, pane, pasta, riso, sughi e detersivi.
A giugno e a luglio, tra noi e le nostre fantasie di vacanze tranquille, si frappongono barriere di materassini, gommoni, palloni, tavole da surf, carriole e vari giochi da spiaggia. Passando accanto a mostruosi bazuka-giocattolo che sparano getti d'acqua a 120 atmosfere, ricordiamo con nostalgia le nostre modeste pistole ad acqua, le palette, le formine e le immancabili biglie, unici giochi concessi quando, tanti anni fa, andavamo con mamma e papà sulla spiaggia di Varigotti.
Agosto e settembre sono i mesi delle offerte scuola: anche chi non ha figli o nipoti in età scolare è costretto a percorrere un labirinto che si snoda tra pile di quaderni e diari, confezioni a perdita d'occhio di penne, matite, pennarelli, colle, righelli, squadre, zaini e variopinti grembiulini. Se hai dimenticato a casa lo smartphone ti conviene procurarti del filo interdentale da usare alla maniera di Arianna.
Infine c'è ottobre. Poiché è un mese scarsamente interessante dal punto di vista commerciale, i supermercati hanno inventato Halloween. E allora zucche d'ogni genere, scheletri, dolcetti e scherzetti, costumi da zombi, penose maschere che vorrebbero farvi paura, e purtroppo ci riescono, se fate l'errore di andare a leggere il prezzo.
Infine ritorna novembre, quello dei trenta giorni, e la filastrocca ricomincia.
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Nonna Abeffarda – ACC
Trincea pasquale
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Muro in Legolaterizio
COMPLIMENTI STRADALI
Da qualche anno in Giappone esiste una curiosa figura professionale: il lodatore. Lo si può incontrare in strada, ai crocicchi, davanti alle stazioni, ovunque ci sia un piccolo spazio, sufficiente ad appoggiare il suo fagotto e il contenitore per la raccolta delle offerte. Lì si ferma, si appende al collo un cartone che recita “sugoku homemasu”, ovvero “Lodo moltissimo”, e resta in attesa del primo cliente. Ciò che offre, in cambio di un obolo in denaro, è una o più frasi di lode e di approvazione.
Sovente si tratta di disoccupati, poveri, senzatetto, che ricordano un po’ San Francesco d’Assisi, che camminava stracciato e scalzo lodando Dio e tutte le sue creature. Questi lodano solo le creature che lo richiedono espressamente.
La strana iniziativa pare abbia avuto successo, e lo studio della psicologia e della sociologia nipponica ne ha rivelato i motivi.
Nonostante ci possa imbarazzare, e per quanto ci si sforzi di negare per non apparire presuntuosi, essere lodati ci commuove e ci gratifica intimamente: siamo soliti ricevere complimenti soprattutto nell’infanzia, mentre in età adulta capita di rado. Ma nella cultura orientale manca questa fase infantile delle lodi: fin da bambini, i giapponesi sono gravati dalle grandi aspettative dei genitori e degli insegnanti, sempre severi e parchi di lodi, ma prodighi di rimproveri se i piccoli non si adeguano al modello richiesto. Perciò, una volta adulti, sono ancora alla ricerca di approvazione, hanno sviluppato poca autostima, e sono perciò più sensibili a qualunque tipo di complimento e lode.
Ma come è possibile - diciamo noi che di storia giapponese conosciamo ben poco, ma in compenso abbiamo visto tanti film - e i samurai? E i piloti kamikaze della seconda guerra mondiale? Non erano determinati e sicuri di sé?
Determinati certamente, ma a morire. E con dignità, per adeguarsi al modello imposto.
Per questo la figura del lodatore seriale ha avuto così successo: i suoi complimenti commuovono, inteneriscono, e soprattutto gratificano le persone che sono state poco lodate nell’infanzia.
Inevitabile il confronto con il nostro Belpaese, dove una figura di questo genere non avrebbe lo stesso successo. Nell’educazione dei figli facciamo anche troppi “complimenti”: fin dalla culla ricevono ammirazione e lodi. Vengono sgridati raramente, anche quando lo meriterebbero. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: bimbiminkia fino all’età adulta. Inoltre, qui da noi è imprescindibile la presenza quotidiana delle nonne, e si sa che esse sono sempre pronte a elargire complimenti. Non solo non si fanno pagare, ma addirittura pagano il nipote (con mancette e cucina saporita) perché venga a pranzo e cena, a farsi nutrire e complimentare.
Una via di mezzo tra il rigore giapponese e l’indulgenza italiana sarebbe auspicabile.
Tuttavia, se qualche disoccupato nostrano avesse la fantasia e il senso dell’impresa tipicamente italici, e volesse cimentarsi in questa nuova attività, dovrebbe seguire alcuni avvertimenti.
Per esempio, da noi potrebbe essere rischioso fare un complimento in strada alle donne: invece di un obolo potreste ricevere un ceffone, o addirittura una denuncia.
Ma anche se fossero le donne stesse a richiedere il complimento conviene farsi firmare un apposito modulo, nel quale dichiarano di essere “consenzienti”. A firma ottenuta, si deve ricordare che i complimenti più graditi alle donne sono questi:
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- Come sei dimagrita dall’ultima volta (non importa se l’ultima volta era ieri).
- Dimostri vent’anni di meno (generico, ma più sicuro che cercare di indovinare l’età e poi togliere una decina d’anni: potreste sbagliare clamorosamente e offenderle irrimediabilmente).
- Nel caso abbia figli al seguito, lodare i bambini per la loro bellezza ed educazione, sempre, anche se il più piccolo ha sputato nel contenitore delle offerte, e la grande ti ha tirato un calcio nello stinco.
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Con gli uomini è tutto più semplice: il maschio italiano, di qualsiasi età e ceto sociale, non solo gradisce i complimenti spudoratamente falsi, ma ci crede, e non ha mai dubbi sull’averli meritati. Gradisce anche le lodi che non si riferiscono a lui direttamente, ma alle sue scelte, specialmente in materia di automobili, opinioni sportive, e donne che lo accompagnano.
Gli uomini non sono meno vanitosi delle signore, e non disdegnano i complimenti sull’aspetto fisico. Attenzione però a non farsi prendere la mano: per esempio, mai lodare la folta chioma di un uomo con il cappello, perché potrebbe essere calvo, come l’ispettore Rock della vecchia pubblicità della brillantina.
Insomma, con il tempo e l’esperienza potreste intuire immediatamente il punto debole di chi cerca approvazione, e renderlo punto di forza con una lode ben assestata.
È un po’ come improvvisarsi psicoterapeuta di strada, dove a sua volta chiunque può improvvisarsi paziente, con minima spesa.
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Stefania Marello
Lodatore giapponese
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Lodatore italiano
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Soluzione americana: lodarsi da sé
TRADUCE L’ODISSEA DAL GRECO ANTICO IN UN’ORA
Siccome non conosce il greco antico,
diventa la storia di due bagnini di Creta che noleggiano pedalò.
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Quando ignoranza e incompetenza si fondono insieme, si possono ottenere risultati sbalorditivi.
Del resto le più grandi scoperte sono avvenute quasi casualmente. Certo, dopo anni di studi, ma spesso in maniera del tutto fortuita, se non addirittura per errore.
Secondo gli esperti la traduzione del famoso poema epico di Omero ad opera di Tony Luganega, noto personal trainer vicentino, risulterebbe addirittura migliore dell’originale.
Addirittura potrebbe essere adottato come libro di testo nei licei italiani, con iliadici e idilliaci introiti sulle vendite per il sagace traduttore veneto.
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Freddy Marchiori – ACC (APRILE 2017)
LA RISTAMPELLATA: questo articolo è stato scritto tra il 2016 e il 2018 e viene qui riproposto a grande richiesta.
LA MOSCA COCCHIERA IN PILLOLE
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Se riesci a stare in equilibrio su una gamba, non sei ancora vecchio. Uno studio condotto dalla Mayo Clinic, pubblicato sulla rivista Plos One, sostiene che un buon equilibrio, la forza muscolare, e un’andatura efficiente contribuiscono al benessere e all’indipendenza e delle persone quando invecchiano. Il modo in cui questi fattori cambiano, e a quale velocità, aiuta i medici a sviluppare programmi per garantire un invecchiamento sano. Le persone possono allenare il loro equilibrio, e lavorare per mantenerlo nel tempo. Nei test di equilibrio, i partecipanti stavano su pedane di forza, in varie situazioni: su entrambi i piedi con gli occhi aperti o chiusi, con occhi aperti sulla gamba non dominante e su quella dominante. Kenton Kaufman, autore senior dello studio, direttore del Motion Analysis Laboratory presso la Mayo Clinic: “L’equilibrio è una misura importante perché, oltre alla forza muscolare, richiede input dalla vista, dal sistema vestibolare, e dai sistemi somato-sensoriali. Se hai scarso equilibrio, sei a rischio di cadere, indipendentemente dal fatto che ti muova o no. Le cadute sono un grave rischio per la salute con gravi conseguenze”. Dai test è emerso che la presa e la forza del ginocchio mostrano cali significativi entro un decennio, ma non tanto quanto l’equilibrio. La forza della presa è diminuita a un ritmo più rapido rispetto alla forza del ginocchio, rendendola migliore nel predire l’invecchiamento rispetto ad altre misure di forza. Non si sono verificati cali legati all’età nei test di forza specifici per sesso. Secondo Kaufman, si possono adottare misure per allenare l’equilibrio: stando in piedi su una gamba, ci si può allenare a coordinare le risposte muscolari e vestibolari, per mantenere un equilibrio corretto. Se si riesce a stare in piedi su una gamba per 30 secondi, vai bene. Se non lo usi, lo perdi; se lo usi lo mantieni. Facile. Non richiede attrezzature, puoi farlo ogni giorno. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Poi c’è il bastone come terza gamba, poi il deambulatore”.
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L’amore più forte si prova per i figli. Poi partner, amici, sconosciuti, animali da compagnia, e la natura. Il filosofo finlandese Pärttyli Rinne, misurando l’intensità con cui i neuroni scintillano, individua le prove scientifiche dell’amore, ma capisce anche per chi o cosa brilla. È stato decisivo l’incontro coi neurologi dell’Università finlandese di Aalto. Il matrimonio fra filosofia e scienza si è consumato. Ha assunto 55 volontari innamorati. Il sentimento è stato suddiviso in sei sfumature. Un attore ha letto descrizioni o poesie, relative a ciascun tipo di amore, ai volontari sdraiati. Nella risonanza magnetica era chiesto di concentrare la loro mente sul sentimento. L’immagine del cervello in vibrazione è stata colta dagli strumenti della scienza. I risultati sono stati pubblicati su Cerebral Cortex, rivista di neuroscienze edita dalla Oxford University Press. L’amore più luminoso si prova per i figli. La passione per il partner segue a un’incollatura. Una luce via via più fioca si è accesa pensando ad amici, sconosciuti, animali da compagnia, infine alla natura. Per fortuna non hanno frugato tra i neuroni alla ricerca dei dettagli sull’intensità delle relazioni fra partner. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “In Finlandia non ci sono fanatici di calciatori di palloni?”.
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Un farmaco combatte la caduta dei capelli? La startup svizzera Topadur Pharma ha creato TOP-M119, col principio attivo di una molecola nata dalla combinazione di Sildanefil (Viagra) e nitroglicerina. L’idea è venuta a Reto Naef, ex-manager di Novartis, e Daniel Vasella, ex-CEO del gruppo. La soluzione sarebbe irrorare con più sangue il cuoio capelluto, risolvendo la causa principale della perdita di capelli. Un fondo di investimento cinese ha messo capitali di sostegno in Topadur Pharma. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “La sperimentazione sull’uomo ci permetterà di capire se i capelli possano ricrescere. Anche se, forse, è più probabile che esplodano i pirilli”.
DOPO I VOUCHER ARRIVANO I BAUCHER
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CASSAZIONE: CHI DA’ DA MANGIARE A CANI RANDAGI NE DIVENTA RESPONSABILE CIVILMENTE E PENALMENTE
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Non si è ancora spenta l’eco dell’abolizione dei tanto discussi voucher che il governo potrebbe ideare una nuova forma di pagamento, questa volta verso il migliore amico dell’uomo.
L’introduzione di questa nuova formula si rende necessaria dopo una sentenza della Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che chiunque offra cibo ai cani randagi, ne diventa responsabile.
Sembra che l’unico modo per evitare spiacevoli conseguenze giudiziarie agli amanti degli animali sia quello di diventare il loro datore di lavoro.
A questo scopo potrebbero essere introdotti i BAUCHER.
Il funzionamento è semplice: il cane fa un’ora di guardia alla casa, gioca con i bambini, offre un servizio di pet therapy agli anziani, accompagna un parente ipovedente al supermercato, insomma, esegue una prestazione di qualunque natura e in cambio riceve un buono, valido per una porzione di crocchette o di bocconcini.
L’animale può così utilizzare il baucher per avere cibo, senza vincoli di sorta col proprio benefattore.
Il passo dal lavorare da precari al lavorare da cani è breve, come vogliono le norme in tema di lavoro canino, promulgate dal recente Jobs Arf.
A dirla tutta, neppure ai cani randagi piace l’idea di essere trattati come un oggetto di proprietà, da uno sconosciuto che ha allungato loro solo un pezzo di pane.
Si spera che la sentenza della Corte di Cassazione sopra citata non venga applicata anche agli umani, altrimenti si potrebbe finire in prigione per reati commessi da altri, solo per aver dato loro un bicchiere d’acqua.
La sperimentazione sugli animali (rassicuriamo gli antivivisezionisti che si tratta di una pratica non dolorosa), secondo alcune indiscrezioni, partirà a breve.
Se dovesse funzionare, si potrebbe applicare la stessa filosofia ai truffatori che suonano alla porta; infatti secondo le vigenti leggi, offrendo loro cibo o bevande, si rischierebbe di venire incriminati per complicità in autotruffa aggravata. Con il sistema dei rubaucher sarebbe invece chiaro chi è il criminale e chi è la vittima del raggiro.
Invece nessun problema per mendicanti e senzatetto che, nonostante le apparenze spesso burbere e dismesse, sono persone miti e oneste.
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Paul Rice – ACC (APRILE 2017)
Si ringrazia La Stampa per l’articolo fornito a sua insaputa
FARE SAN MARTINO NON È PIÙ DI MODA.
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FARE SAN MARTINO NON È PIÙ DI MODA.
OGGI FACCIAMO SAN SILVESTRO.
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Un trasloco è sempre un evento faticoso e stressante, e tutti vorremmo evitarlo. Evitare l'impacchettamento selvaggio delle suppellettili, le muraglie di scatoloni che rendono difficile l'accesso al bagno, le ditte traslochi che traslocano metà dello stipendio dal tuo conto al loro, e infine i nerboruti addetti, di nazionalità imprecisata, che sorridono e annuiscono alle tue raccomandazioni, ma subito dopo lanciano sul camion le scatole contenenti i bicchieri di cristallo. Ma talvolta tutto questo è necessario, e allora si deve almeno scegliere il momento migliore.
"Fare San Martino" era espressione comune nei territori agricoli della Pianura Padana, per dire che si lasciavano le terre e la casa e ci si trasferiva altrove. L'usanza di cambiare casa proprio l'undici novembre, giorno che sul calendario è dedicato a san Martino, era legata all'agricoltura, che in quel periodo dell'anno esauriva il suo ciclo. Nelle antiche società rurali, infatti, non avrebbe avuto senso andarsene prima di aver effettuato i raccolti, lasciando il grano o il granturco o il riso nei campi, a disposizione dei nuovi venuti. Era meglio traslocare a novembre, prima delle nuove semine. Lo stress non doveva essere inferiore al nostro, se immaginiamo la fatica di caricare i mobili e gli attrezzi sul carro, legare gli animali, acchiappare i bambini riottosi (e mica ne avevano solo uno o due...), sopportare i malumori dei vecchi più brontoloni del solito, tra l'abbaiare incessante dei cani e la nebbia fredda e umida che si infilava fin sotto il mantello (alla faccia dell'estate di San Martino).
In tempi più recenti, con l'industrializzazione e la società dei consumi, il periodo migliore per traslocare era diventato il mese di agosto: si traslocava sfruttando le ferie, e favorendo i figli che non dovevano così cambiare scuola ad anno scolastico in corso. Che poi, ai figli, la scuola non interessava un granché, purché non si andasse troppo lontano dagli amici di merende o dalla squinzia di cui erano innamorati.
L'epoca industriale ha lasciato spazio all'era burocratica, dove tutto si chiude a fine anno: l'Irpef, la contabilità delle imprese e ogni altro adempimento fiscale, comprese le varie tasse comunali sulla casa, la raccolta rifiuti e il canone RAI, che viene incluso nella bolletta dell'energia elettrica, anche nel caso in cui la TV si guardi utilizzando un generatore di corrente elettrica. Perciò diventa più pratico cambiare casa a fine anno. E il santo dei traslochi diventa San Silvestro.
Qualche nostalgico obietterà che San Silvestro, che fu un austero papa ai tempi dell'imperatore Costantino, è meno popolare di San Martino. Conosciamo San Martino sin dalle elementari come elargitore di mantelli ai mendicanti e fondatore di un convento dove faceva il frate campanaro (fra Martino campanaro dormi-tu dormi-tu...).
Va detto però che San Silvestro ha dato il nome ad un famoso personaggio dei cartoni animati, ostinato quanto sfigato cacciatore di uccellini in gabbia, e che non è un frate "dormi-tu dormi-tu", ma è il santo delle veglie e del casino protratto fino all'alba. Perciò nessuno avrà obiezioni a dire "Faccio San Silvestro" per dire che trasloca e che, in vece del cenone di Capodanno, apre gli scatoloni e fa l'inventario dei bicchieri rotti, dei calzini spaiati e dei flaconi di shampoo che si sono aperti tra gli asciugamani...
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D.ssa Stephanié Hop-là imbeccated by Paul Rice - ACC
Con questi mezzi il "San Silvestro" costa più in benzina che in tasse di fine anno
Gli scritti che contengono riferimenti a persone realmente esistenti hanno il solo scopo (si spera) di far sorridere e sono frutto del vaneggiare degli autori. Se tuttavia qualcuno non gradisse un articolo o una sua parte può chiederne la rimozione all’indirizzo di cui sopra, motivando l’istanza.
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