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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

GREEN PASS (A VOLTE RITORNANO)


Il nostro Governo, incapace di legiferare per risolvere i veri problemi che gli italiani affrontano quotidianamente, si tuffa volentieri nel passato. Così, rovistando nel cassetto 'Fallimenti operativi' alla ricerca di un'idea balzana da riproporre, pesca il Green Pass, e lo reinserisce in modo definitivo nel DDL PNRR di marzo.


Tutti ricordiamo bene, purtroppo, il Green Pass, legato com'è ai ricordi dolorosi della recente pandemia.


Il Green Pass è nato per dividere: io pass e tu invece non pass. Del resto, già gli antichi romani oltre duemila anni fa avevano coniato il detto "Divide et impera", e i moderni romani di Montecitorio hanno scoperto che funziona.


Abbiamo visto che cosa è successo con il vecchio Green Pass; con il nuovo possiamo immaginare come andrà a finire. I giovani sono pochi, e sembra che a nessuno importi di loro: possono anche essere mantenuti a vita dai nonni o morire di fame con i loro lavoretti precari. Invece, il numeroso popolo degli anziani deve essere controllato, cosa che si ottiene più facilmente se lo si mantiene spaventato e sottomesso, nell'illusione di essere protetto da ogni malattia.


Perciò, superata una certa età, saremo bollati definitivamente come fragili. Tutti quanti, anche quei vecchietti coriacei e muscolosi che a novant'anni vanno a pascolare le pecore e a coltivare l'orto. Probabilmente dovremo portare, cucita all'abito, l'effige di un simbolico calice di vetro, come quello stampato sui pacchi contenenti merce delicata.


Dovremo avere ed esibire il Green Pass ogni volta che usciremo di casa: al supermercato, al bar, alla bocciofila, dal barbiere, persino per poter sostare in osservazione davanti ai cantieri. Esso conterrà l'ottemperanza certificata ad ogni vaccinazione possibile, per malattie vere o presunte. L'elenco delle malattie con obbligo di vaccino si allungherà a dismisura, per la gioia delle aziende farmaceutiche, che, al grido festante di "Più vaccini, più soldini", si metteranno all'opera, e in pochi mesi brevetteranno sieri per influenze, Covid dall'alfa all'omega, fuoco di Sant'Antonio, fuoco di paglia, epatite, gastrite, tallonite e congiuntivite, torcicollo a destra, torcicollo a sinistra, torcicollo al collo dell'utero, eccetera. Si stabiliranno calendari rigorosi: due vaccini al mese per i primi dodici mesi, poi si ricomincerà con i richiami. Gli anziani che in gioventù soffrirono di gomito del tennista oggi soffriranno di braccio del vaccinista.


Non soddisfatto, il Governo sposerà la "proposta indecente" di Guido Bertolaso, e fornirà una "Tessera Sanitaria a Punti", che si incrementa quando si effettuano le visite e i controlli previsti per la prevenzione. Che cosa si vinca raggiungendo un maggior punteggio non è ancora chiaro. Forse uno sconto sulla retta della futura RSA.


Purtroppo, l'Italia è famosa per la sua "abbondanza di carenze": oltre ai poliziotti, ai giudici, agli impiegati amministrativi, ai taxi, agli autisti, ai secondini, mancano anche i medici, gli infermieri, gli ambulatori, quindi sarà oltremodo disagevole prenotare ed effettuare la prevenzione richiesta. Questi fragili vecchietti che stanno d'abitudine in casa, al riparo da eventuali infezioni e contagi, saranno costretti, fra vaccini e prevenzioni, a trascorrere intere giornate nelle sale d'attesa delle ASL e degli ospedali, esposti al contagio di malattie d'ogni genere.


Ma almeno moriranno contenti, dopo lunga ed estenuante agonia (perché troppo sani per morire rapidamente), sperando che la loro tessera sanitaria stracolma di punti sia una specie di Blue Pass per l'ingresso in paradiso.

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Stefania Marello - ACC


Gli esami invasivi daranno diritto a due punti.

Tre punti per l'esame della prostata.

INFORTUNI SUL LAVORO: PERICOLOSAMENTE PENSIONATI

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Settembre 2025.


È ormai passato un anno dall'introduzione della patente a punti per la sicurezza nei cantieri.


Ricordiamo che la norma, fortemente voluta dal governo, a tutela dei pochi rimasti a lavorare, non sembra aver sortito gli effetti sperati.


Secondo uno studio effettuato dall'osservatorio di Tribolate sul Serio (BG), sta accadendo la stessa cosa che si è verificata a suo tempo con la patente di guida a punti, poiché essi vengono scalati prevalentemente ai nonni e ai vecchi parenti dei trasgressori. La diretta conseguenza di questo espediente determina l'aumento della categoria di rischio per i pensionati, con conseguente aumento dei contributi assicurativi a loro carico.


Del resto i pensionati passerebbero comunque ore a occuparsi di direzione lavori dispensando consigli utili agli operai, pertanto, con questo stratagemma uniscono il dilettevole all'utile e, in caso di infortunio ai lavoratori, le opere potranno proseguire senza creare problemi agli imprenditori.

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Paul Rice – ACC

Per gli umarell è più facile ottenere un patentino da capocantiere che un permesso di guida automobilistico.

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I giovani, per non fare danni, controllano i lavori in smart working. Grazie al computer, 

in caso di incidente, si possono utilizzare fino a tre vite, come per i normali videogame.

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La fretta è cattiva consigliera: presto saranno installati i laborvelox, per tenere sotto controllo la velocità di avanzamento lavori.

LA STAMPELLA E LE STAMPELLE


Succede a tutti di cadere e di farsi male. Succede anche agli atleti, figuriamoci alle nonne impacciate e sbilenche.


Se la conseguenza della caduta è la frattura di un osso che riguarda la deambulazione (piede, gamba, ginocchio, bacino eccetera) potrebbe essere necessario ricorrere a un ausilio ortopedico, come il girello o le stampelle.


Il girello, detto anche deambulatore, è come un grosso cane, fedele e affidabile.


Infatti, ricorda vagamente un San Bernardo, per la sua forza nel sostenere e la sua inclinazione a soccorrere. Volendo è possibile appendergli la tipica fiaschetta del cognac, utile per quando la nonna si sente un po' a terra (metaforicamente parlando, perché a terra in senso stretto ci è già finita, ed è il motivo per cui ora le serve il San Bernardo). In alternativa agli alcolici, al collo del deambulatore si può appendere una piccola borsa, contenente tutto quanto potrebbe servire nelle "deambulazioni" casalinghe: cellulare, fazzoletti, caramelline per la tosse, antidolorifici a effetto rapido, libri, riviste eccetera. Inoltre, è solido, affidabile, e se la nonna lo deve lasciare resta lì ad attenderla. Quando lei lo riprende manca solo che scodinzoli tutto contento.


Qualcuno dirà che le stampelle sarebbero meno ingombranti, più agili.


Purtroppo, le agili stampelle e la nonna impedita non vanno d'accordo. Lei è fragile, bassa, senza forze e con le manine delicate: si regge alle stampelle alte e spigolose come un vecchio abito su un attaccapanni. Non c'è alcun appiglio per appenderci una borsa, e poiché impegnano entrambe le mani, deve usare uno zainetto per trasportare qualunque cosa.


Le stampelle poi sono dispettose: quando deve usare le mani (lavarsi la faccia, versare un bicchier d'acqua ecc.) deve appoggiarle da qualche parte. Ma queste non stanno ferme lì, in paziente attesa. Mai! Esse si buttano a terra di proposito, per metterla in difficoltà, obbligarla a piegarsi nel tentativo di raccoglierle, risvegliando dolori sopiti, e maledizioni indegne di una nonna perbene.


Le stampelle non si accontentano di fare del male alle nonne: appoggiate a una parete esse si allungano, scivolando sul pavimento, fino a diventare veri e propri ostacoli per chi passa, che si inciampa rischiando di farsi male a sua volta. È questa la loro natura carogna: non sono soddisfatte finché qualcun altro in famiglia non cade.


Inoltre, non sono inerti e inanimate come sembrano: le stampelle si spostano col favore del buio, e la nonna giura di averle trovate al mattino in luoghi diversi da quelli in cui le aveva lasciate. Di notte, è costretta ad accendere la luce per cercarle, zoppicando intorno al letto, emettendo strazianti gemiti di dolore, e orrende grida di rabbia che spaventano i vicini. Quando finalmente le acchiappa entrambe, può "correre" in bagno, augurandosi di non ottemperare all'impellente necessità prima di essere giunta a destinazione.


Se il deambulatore ricorda un grosso cane, le stampelle fanno pensare a due avvoltoi, con il collo pelato lungo e magro, su cui poggia un becco adunco e perennemente sghignazzante. Quando la nonna si riposa sulla poltrona, gli stampellavvoltoi la sorvegliano, ricordandole che è caduta come un'idiota e che ora è invalida, e chissà quando (e se) potrà camminare come prima.


Così, a causa della frustrazione, lei cerca consolazione nel cibo, mangiando tutto quello che trova in dispensa e in frigo. Ma non potendo uscire di casa e camminare, non riuscendo a trascinarsi più veloce di una lumachina, consumerà circa due decimi di caloria al giorno. Il risultato è che ormai assomiglia a una palla più che a una nonna.


Ma non tutte le stampelle sono nate per nuocere.


Quando la nonna, frustrata e dolorante, si siede scricchiolando e sbuffando sul divano e legge sullo smartphone LA STAMPELLA, mitica pubblicazione di sostegno all'umorismo, trova sempre l'articolo che riesce ancora a strapparle una risata.

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Nonna Abeffarda - ACC

Coppia di avvoltoi e coppia di stampelle: notare l'incredibile somiglianza.

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Deambulatori all'opera

NONNI ABEFFARDI VS. ELON MUSK


Il patron di Tesla, fra le sue innumerevoli società che guardano al futuro, ha fondato Neuralink.


Si tratta di una compagnia che si occupa, fra le altre cose, di studiare la futura applicazione di sistemi di interazione tra la mente umana e le macchine.


Ultimamente Elon Musk ha informato che è stato impiantato un microchip nel cervello di un volontario, grazie al quale gli è possibile muovere il mouse su un computer con il solo pensiero.


I nostri Nonni Abeffardi hanno immediatamente colto al volo questa innovazione tecnologica ipotizzando possibili applicazioni utili ad affrontare al meglio le difficoltà della loro vita quotidiana.


Nonno Abeffardo sta pensando di farsi impiantare un microchip per movimentare una parte del corpo che in gioventù godeva di moto proprio con la sola forza del pensiero (talvolta anche autonomamente) ma che, col passare degli anni, non risponde più ai semplici impulsi neuronali.


Grazie al microchip, potrebbe tornare a trasmettere gli ordini al corpo col pensiero attraverso il piccolo dispositivo elettronico. Il chip, di fatto, non avrebbe alcuna funzione meccanica, ma fungerebbe da tramite. Del resto, anche da ragazzo, Nonno Abeffardo, comandava regolarmente il corpo grazie alla esclusiva forza del pensiero, con risultati eccellenti. Ora, questo piccolo miracolo della natura, potrebbe tornare possibile grazie alla tecnologia, a distanza di mezzo secolo.


Nonna Abeffarda, che invece soffre di irregolarità intestinale, sta pensando di utilizzare il microchip per favorire i movimenti interni dal colon al tenue, fino ad arrivare all'intestino crasso.


L'ausilio di questo dispositivo elettronico potrebbe far ritrovare il giusto movimento interno al corpo con notevoli benefici sulla salute fisica e mentale.


Gli scienziati della ditta Neuralink stanno ancora valutando se il microchip debba essere assunto per bocca o come supposta, affinché possa collegarsi correttamente al computer e provvedere a movimentare gli organi interni della Nonna di concerto fra loro, evitando fastidiosi ingorghi sulle vie di fuga.

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Paul Rice – ACC

I Nonni nel futuro…

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…e nel passato

LE STORYCETTE DELLA NONNA


GLI GNOCCHI

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Volendo credere al vocabolario, il termine gnocco deriva dal veneto gnòco (protuberanza), forse attraverso il longobardo knohhil, che significa nodo del legno. Ne deduciamo che in tempi antichi lognocco era qualcosa di duro, proprio come le “nocche” delle dita, e che i primi gnocchi portati in tavola erano fatti di impasti duri e difficoltosi da deglutire, dei veri e propri stranguglioni.


Fu necessario attendere l'epica impresa di Cristoforo Colombo per avere le patate in tavola, e con esse gli gnocchi che tutti conosciamo, costituiti da un impasto base di farina e patate lesse schiacciate, tagliato a bocconcini di forma cilindrica o ovoidale. Si discute ancora oggi se agli ingredienti base si debba aggiungere l'uovo: sembra che siano buoni in entrambe le versioni.


Secondo mia nonna, che viveva in campagna, a decidere se aggiungere o meno l'uovo era la gallina, con le sue paturnie autunnali. In ogni caso, dopo averli cotti brevemente in acqua bollente, gli gnocchi devono essere conditi con vari sughi, o eventualmente formaggi. In Piemonte, per esempio, sono famosi gli gnocchi "alla bava", così detti non solo perché il formaggio fuso sbrodola lungo il mento dei commensali, ma per l'acquolina prodotta al solo guardarli e annusarli ancora fumanti nella zuppiera.


Gli gnocchi sono un piatto squisito e apprezzato da tutti, ma non è per questo che si dice "Ridi, che la mamma ha fatto gli gnocchi". Il detto, diffuso da Nord a Sud, è un modo beffardo per apostrofare chi ride a sproposito, senza motivo.


Ma c'è un'altra interpretazione, più maliziosa: nel linguaggio della malavita di Roma la parola gnocco significa moneta, scudo. Quindi, “fare gli gnocchi” vuol dire fare i soldi, diventare ricchi. Ma nell'ambiente mafioso, piuttosto maschilista, l’unico modo per le donne di fare i soldi è quello di prostituirsi. In tale contesto, dire a qualcuno "Ridi, che la mamma ha fatto gli gnocchi" equivale a dargli del figlio di buona donna.


Oggi gli gnocchi si comprano già pronti nei pastifici e nei supermercati. Il nostro Giovanni Rana, l'imprenditore italiano più estroso e creativo dopo Giorgio Armani, ha tradito persino i suoi amati tortellini per produrre gnocchi di ogni tipo, persino ripieni.


Invece una volta, quando ero bambina, gli gnocchi si facevano in casa, partendo dalle patate intere e con la buccia. Non dovete pensare che stiamo parlando del Giurassico: i dinosauri erano estinti da tempo.


Oltre agli gnocchi classici, esistono numerose varianti.


Gli Gnocchi alla romana, per esempio, non sono fatti di patate, ma di semolino, e devono essere gratinati al forno. Perché si chiamano così? Ci sono varie ipotesi: la più semplice è che sia una ricetta nata a Roma o dintorni. La più mistica racconta che il nome deriverebbe da Santa Francesca Romana, monaca vissuta tra il IV e V secolo, che avrebbe ricevuto in sogno la ricetta, durante il periodo di digiuno e preghiera della Quaresima. Così, da "Gnocchi alla Francesca Romana", divennero più brevemente "Gnocchi alla Romana". Dopo la beatificazione della suora diventò consuetudine rivolgere una preghiera alla Santa prima di mangiarli, e lasciare un obolo in chiesa subito dopo, ai piedi della statua che la raffigurava, per ottenere benedizioni e miracoli. Di lì sarebbe nato il detto "Pagare alla Romana".


Tra le varianti esiste anche lo Gnocco fritto. Non ho idea di che cosa sia, ma basta la parola, anzi, le due parole "gnocco" e "fritto" accostate, per sentire bruciore di stomaco ed avere coliche epatiche da immaginazione...


Infine, Gnocchi è anche un cognome, come ci insegnò l'illustre Carlo Gnocchi, sacerdote, scrittore ed educatore in vita, santo post mortem, ma ricordato semplicemente come Don Gnocchi.


Non dimentichiamo che gnocco è anche un aggettivo, che significa sciocco, babbeo, grullo. Al femminile, in alcune regioni può avere anche una connotazione positiva.


Queste ultime considerazioni hanno poco o nulla a che vedere con la ricetta, ma un po' di cultura non guasta, nemmeno in cucina.

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Nonna Abeffarda - ACC

Don Gnocchi

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Son gnocchi

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Gnocchi alla Romana

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Qui, per avere il gelato, si paga a La Romana

SORPRESA: IL BARATTO SUPERA LA MONETA ELETTRONICA

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Tribolate sul Serio, dicembre 2040.

Sono passati dieci anni dalla scomparsa del denaro contante, tuttavia gli italiani non si sono ancora adattati ai nuovi sistemi di pagamento elettronico.


Il chip sottopelle spesso genera scambio di denaro con una semplice stretta di mano.


Il chip nelle otturazioni dei denti è poco igienico, occorre mordere il POS per effettuare il pagamento.


L'unico che sembra trovare approvazione è il chip posto nelle parti intime, ed è anche pratico poiché, anche all'epoca dei contanti, molte persone dilapidavano intere fortune in incontri amorosi, ma non sempre è utilizzabile.


L'unica pratica che, non solo ha resistito, ma si è anche rafforzata negli anni è quella del baratto.


Il baratto, infatti, è uno scambio di oggetti o prestazioni senza il passaggio di denaro (liquido, solido o virtuale), pertanto alla portata di tutti.


L'unico inconveniente è la scarsa praticità nello scambiare, ad esempio, un'auto con un arredo completo ma, grazie agli appositi siti web, viene tutto semplificato.


I caveaux delle banche, ormai privati di banconote e valori, sono diventati veri e propri depositi di stramaglie che, se opportunamente investite, maturano interessi esattamente come accadeva negli anni '20 con il denaro, con i titoli e con i buoni fruttiferi.


Se un investitore depositasse un centinaio di ombrelli con vincolo quinquennale, alla scadenza, se ne ritroverebbe magari centoventi, e pazienza se nel frattempo avrà preso un po' di pioggia, il gioco vale la lavata.

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Paul Rice – ACC

Camion al confine con la Svizzera tenta di depositare illegalmente alcuni pianoforti.

Il governo elvetico emette regolarmente orologi a cucù, articolo che attrae particolarmente gli investitori stranieri.

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Cargo trasporta casa unifamiliare alle Cayman, il mattone è ancora un buon investimento. Mattone su mattone, nei paradisi fiscali, potrebbe diventare in breve tempo una palazzina o addirittura un piccolo villaggio.

GALEOTTO FU L'AUTOBUS


In Thailandia una donna sbaglia autobus e torna a casa dopo 25 anni


Sembra la trama di un episodio della serie "Ai confini della realtà", invece è una notizia di cronaca, apparsa su tutti i giornali.


I fatti risalgono al febbraio 2007. Protagonista dell'incredibile vicenda è Jaeyaena Beurraheng, una donna nativa della Malesia, a Sud della Thailandia, che si trovò a oltre 1200 chilometri da casa, dopo essere salita due volte sull'autobus sbagliato. Era giunta in Thailandia, ma non conosceva il Thailandese, e nessuno riusciva a capire il suo dialetto. Solo dopo 25 anni di varie peripezie, vivendo per strada e poi in un ricovero per senzatetto, incontrò tre studenti del suo paese, che capivano la sua lingua. I ragazzi l'aiutarono a ritornare a casa, dove i famigliari l'avevano data ormai per dispersa. Chissà se la poveretta era una fumatrice, e prima di uscire aveva detto ai figli che sarebbe andata a comprare le sigarette? Gli articoli non lo dicono.


Un po' me la immagino, questa donnina, timida e poco abituata ad allontanarsi dal suo quartiere, che sale fiduciosa sull'autobus che avrebbe dovuto riportarla a casa, e che invece la trasporta quasi in un'altra dimensione: un luogo alieno, dove nessuno parla o comprende la sua lingua. Se posso permettermi un'espressione che va di moda fra i giovani, la signora era finita a Fanculonia.


Forse, in tale situazione, neppure la mitica Lassie sarebbe riuscita a tornare a casa. Anche se un cane, salvo incidenti, avrebbe avuto più possibilità. Senza conoscere le lingue avrebbe potuto trovare cibo tra i rifiuti, o mendicarlo in strada. E, giorno dopo giorno, seguendo il suo infallibile fiuto, si sarebbe diretto verso casa. Per ritrovare la sua cuccia avrebbe impiegato molto tempo, ma certamente non 25 anni.


Invece, per un piccione, animale straordinariamente dotato di senso dell'orientamento, sarebbe stato un gioco da ragazzi: avrebbe ritrovato la sua piccionaia in pochi giorni.


Un gatto forse se la sarebbe presa più comoda. I gatti sono meno legati alle persone, e molto più opportunisti dei cani. Pur sapendo dove andare, avrebbe approfittato dell'occasione per vedere un po' di mondo, visitare qualche famiglia disponibile a offrire cibo e carezze, dove avrebbe deciso di fermarsi, gradito ospite a pranzo e a cena, come gli architetti di Aiazzone. In mancanza di famiglie di religione "gattolica" si sarebbe adattato a cacciare qualche topo o qualche lucertola, unendo l'utile al dilettevole. Se maschio, il nostro gatto avrebbe seguito i miagolii e gli odori delle gattine in amore, e facendo a botte con altri maschi della sua specie sarebbe riuscito ad andare a segno qui e là, contribuendo alla ripopolazione delle colonie feline. Se femmina, con ogni probabilità sarebbe tornata a casa incinta.


Ma questo non significa che io consideri la sfortunata signora malese meno capace di un gatto o di un piccione. In fondo anche lei si è adattata alle circostanze ed è sopravvissuta. Tuttavia non era dotata del senso dell'orientamento caratteristico di alcuni animali.


Sarei una vera ipocrita a giudicarla. Io sono brava ad orientarmi come un pesce è bravo ad andare in bicicletta. Uscendo da un negozio, non ricordo più da quale direzione sono arrivata: non so letteralmente da che parte voltarmi, e metaforicamente a che santo votarmi. E anche se sapessi chi è il Santo Protettore dei disorientati, non credo che darebbe retta alle mie invocazioni, data la scarsa devozione religiosa che mi contraddistingue...


E, confesso, sono ancora io quella nonna che, dovendo prendere a Chivasso un treno per Torino, è riuscita a salire su quello diretto a Ivrea. E quando si è accorta dell'errore è scesa alla prima stazione, ritrovandosi in un buco di paese sperduto nel nulla, ad attendere tre ore al Bar Bussola (qual dolorosa coincidenza) un regionale diretto a Torino, di quelli che fermano in tutte le stazioni.

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Nonna Abeffarda - ACC


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Gatto (dis)orientato

I ROBOT ALLA PROVA DEL NOVE


Sembra incredibile, ma nel terzo millennio i computer, paradossalmente, chiedono la prova che l'operatore al terminale sia umano.


Nell'era dell'intelligenza artificiale dovrebbe essere l'uomo a domandarsi se ciò che vede nel monitor è opera di una macchina oppure di un essere umano, invece accade l'esatto contrario.


Il metodo più diffuso e funzionale è il CAPTCHA, da non confondere con l'analogico test della cadrega utilizzato da Aldo, Giovanni e Giacomo. Si tratta di un sistema per dimostrare che al computer non c'è un robot, ma un essere vivente e più o meno pensante.


Le procedure più utilizzate consistono nel selezionare opportunamente alcuni riquadri raffiguranti una particolare categoria di immagini, oppure può venire richiesto di digitare nella casella di testo alcuni caratteri raffigurati nell'immagine.


In alcuni casi per superare la prova di "umanità" è richiesto di completare un semplice calcolo, e qui sorgono i primi problemi.


Considerato il livello medio della preparazione matematica dell'italiano medio, cosa si potrebbe rispondere a un quesito del tipo: "4 x 5 = ?"


Converrebbe riportare la soluzione corretta, oppure scrivere ad esempio 24 come probabilmente scriverebbe un vero umano mediocre? Un computer un po' sveglio, di fronte a una risposta corretta come "20", si insospettirebbe e bloccherebbe l'utente.


Penserebbe che alla tastiera si trovi una calcolatrice, un regolo calcolatore, oppure un pallottoliere, o una qualunque diavoleria non umana.


Forse per avere la certezza di essere manovrato da un essere umano, al computer converrebbe chiedere il nome dei finalisti di un reality show, dove sicuramente un italiano medio in carne e ossa, è in grado di rispondere correttamente, mentre un motore di ricerca o un il sistema operativo dotato di IA andrebbero in overflow nel giro di pochi secondi a causa delle infinite e impreviste variabili che comporta un programma TV di quel tipo.


Nonna Abeffarda suggerisce un algoritmo che preveda di riportare il risultato corretto, ma di effettuare la prova del nove, poiché i robot non conoscono la prova del nove.

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Paul Rice – ACC

Se non si è umani è difficilissimo ingannare un computer di ultima generazione. I più evoluti sono programmati per distinguere gli animali umani da quelli di peluche.

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Quando il sistema chiede di inserire l'età ed è il giorno del compleanno, è importante l'ora di nascita per determinare la corretta età al momento dell'accesso.

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Se il computer chiede di selezionare alcune foto, ma non si è ancora passati alle fotocamere digitali, potrebbero sorgere problemi di incomprensione con il sistema operativo.

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Quando per verificare l'identità dell'utente sono richieste operazioni complesse, come le equazioni di secondo grado, è necessario armarsi di carta, penna, molta pazienza e buona conoscenza.

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Inutile tentare di corrompere il sistema operativo con i contanti. Al massimo si può tentare con i bitcoin.

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Se l'utente è un gatto i tentativi di accesso non sono i canonici tre, ma ben sette.

TRE MOTIVI PER CUI BABBO NATALE ESISTE VERAMENTE


A dicembre, Riccardo Azzali, ha spiegato su TikTok tre motivi per cui Babbo Natale non esisterebbe.


Secondo Azzali, infatti, se la slitta viaggiasse a velocità supersonica, brucerebbe a causa dell'attrito con l'aria, e con essa Babbo Natale (doni compresi).


Come se non bastasse, ha fatto notare che le renne non sono dotate di ali e pertanto non possono assolutamente volare.


Se questi due presupposti non fossero sufficienti a dimostrare l'inesistenza del buffo vecchietto vestito di rosso che la notte di Natale consegna i doni, ha rincarato la dose ponendo l'attenzione su una questione legale sinora ignorata.


Il sig. Azzali ha fatto notare che Santa Claus dovrebbe necessariamente conoscere il comportamento di tutti i bambini, allo scopo consegnare i regali solo a quelli buoni, violando così la legge sulla privacy, norma ancor più rigida se applicata a minorenni.


L'Accademia dei Cinque Cereali, in collaborazione con l'Università di Pensologia di Capo Nord (filiale dell'ateneo torinese), ha smontato queste ipotesi dimostrando invece l'esistenza di Babbo Natale.


Se per le prime due asserzioni la soluzione è lampate, poiché si tratta semplicemente della magia del Natale che permette alle renne di volare e di trainare la slitta carica di doni alla velocità della luce, riuscendo a compiere il giro del mondo in pochi secondi, per la questione legale la cosa si fa più complessa, ma non irrisolvibile.


I bimbi che compilano e spediscono le letterine a Napapiiri, in Finlandia, infatti, accettano tacitamente il regolamento del codice Babbonatalizio. Si tratta di una cosiddetta obbligazione naturale, per la quale non occorre la firma di un genitore o di chi ne fa le veci, esattamente come un bambino può acquistare un gelato anche in assenza di un accompagnatore maggiorenne.


Ovviamente ai discoli, al rientro a scuola dopo le vacanze natalizie, non resta che millantare di aver ricevuto regali favolosi per nascondere la loro vera natura.

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Paul Rice – ACC

Il prossimo Natale sarà richiesto di allegare alla letterina per Babbo Natale una manleva sul trattamento dei dati personali controfirmata dai genitori.

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Babbo natale travestito da agente segreto indaga sul comportamento dei bimbi per stabilire chi è meritevole di ricevere i doni.

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Talvolta gli elfi si trasformano in animali per poter avvicinare i pargoli e controllare il loro comportamento più o meno irreprensibile.

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Col passare degli anni anche Babbo Natale non riesce più a mantenere i ritmi di un tempo, quindi è costretto ad affidarsi alla tecnologia per i rilievi necessari a giudicare i ragazzini.

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Nei casi più difficili Santa Claus si affida a esperti hacker e all'intelligenza artificiale.

DISFATALE


DISFATALE

(Parole strambe a cura dell'Accademia dei Cinque Cereali)

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Chiamasi Disfatale l'addetto alla rimozione degli addobbi natalizi (alberi di Natale, presepi, luminarie ecc.) e al ripristino degli arredi nella configurazione precedente le festività.


Etimologia: parola formata dalla fusione del verbo disfare (dis-fare, cioè distruggere qualcosa che è stato fatto) con Natale, la festa cristiana che celebra la nascita di Gesù (o del Cucù, secondo una nuova corrente religiosa diffusa all'interno del corpo insegnante).


All'inizio di dicembre, a volte anche prima, i centri commerciali, i negozi, e il Comune (nella fattispecie rappresentato dall'Assessorato allo Spreco Energetico) iniziano le grandi manovre per le decorazioni natalizie. Tutto questo sfavillare di luci e colori ci ricorda che le feste sono vicine e che è ora di addobbare anche le nostre abitazioni. Se facciamo finta di niente, sperando di evitare il tedioso lavoro, ci pensano figli e nipotini a ricordarcelo a tutte le ore, finché cediamo per sfinimento. Che sia l'albero di Natale o il presepe o entrambi, bisogna andare a recuperare in cantina o in soffitta il materiale. Bisogna arrampicarsi sulla scala fino allo scaffale più in alto, e riportare alla luce reperti polverosi di statuine, capannine, palline, e poi ghirlande, fili elettrici luminosi, babbi natale cenciosi, destinati a passare dalle dormite al calduccio al gelo dei balconi, appesi come ladri in azione.


La prima difficoltà è trovare un posto dove mettere l'albero spelacchiato, che ogni anno perde altri aghi, e fare spazio al presepe, con i suoi laghetti di stagnola e il finto muschio che vorrebbe ricreare la vegetazione del deserto palestinese. Ma non è facile, perché dovunque li si metta, stanno sempre in mezzo ai... sì, quelli.


Tuttavia, l'atmosfera è festosa, i bambini sono allegri e collaborativi, noi adulti pensiamo ai prossimi giorni di ferie, e pregustiamo qualche mangiata pantagruelica (rassicurati dalla scorta di antiacidi e citrosodine, sempre ben rifornita).


Ma, fatalmente, alla fine delle feste, ci tocca disfare tutto quanto e rimettere a posto. È inevitabile, è... fatale. Ed è qui che ci ricordiamo del disfatale, cioè della persona che, dietro pagamento, può fare il noioso lavoro al nostro posto. Un esperto del "disfa e riordina". Ma se ti dimentichi di prenotarlo a tempo debito, potresti non riuscire a concordare un appuntamento: si tratta di professionisti molto richiesti in questo periodo dell'anno.


Così, una fredda mattina di gennaio ti svegli e il gatto, che ha ormai distrutto buona parte delle decorazioni, rotto due lavandaie e un pastore, e mangiato metà del muschio del presepe, ti guarda sornione come a chiederti: "La Befana se n'è andata una settimana fa. Che cosa aspetti a rimettere a posto?". Persino l'angelo in cima al presepe, quello che regge la scritta "Pace in terra agli uomini di buona volontà", ti sorride beffardamente: è chiaro che tu non hai buona volontà, non per questo lavoro. Allora ti rivolgi ai bambini, così felici pochi giorni fa. Ma hanno ripreso la scuola, e sono tornati all'umore negativo di sempre. I più grandi hanno ricominciato a digitare come pazzi sullo smartphone a tutte le ore, ma se chiedi aiuto ti rispondono che devono studiare. Ed è inutile sperare che, lasciando tutto dov'è, si verifichi un fenomeno di disfacimento naturale, un processo di decomposizione. Non succederà.


Allora chiami il numero della I.D.A.D (Impresa Disfatali a Domicilio) e dopo molte insistenze ottieni un appuntamento per marzo. Giusto una settimana prima di Pasqua.


Del resto, lo dice anche il proverbio: fare e disfare è tutto un lavorare. Che è anche, guarda caso, il motto della IDAD.

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Dottoressa Stephanie Hop-là – ACC

Babbo Natale al nono piano di un palazzo.

Se non arriva subito un disfatale ad aiutarlo si suiciderà.

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Un gatto che si improvvisa disfatale.

Ma si limita a disfare, senza poi rimettere a posto.

STUDIO: I BIMBI RICCHI SONO PIÙ BUONI DI QUELLI POVERI


L'Accademia dei Cinque Cereali ha svolto uno studio in collaborazione con l'Università di Pensologia di Torino che ha coinvolto oltre mezzo milione di bambini in sessanta diversi paesi, grazie al quale è emerso che tendenzialmente i ricchi sono più buoni dei poveri.


Sono stati presi in esame i regali ricevuti e, un'attenta analisi, ha rivelato che nel 98,5% dei casi i bimbi appartenenti a famiglie più agiate hanno ricevuto doni di qualità superiore e di valore economico maggiore rispetto ai coetanei appartenenti a un ceto sociale di modesta estrazione.


Da questo studio, considerato che Babbo Natale provvede a recapitare i regali con criteri meritocratici, si deduce palesemente che i ricchi pargoli sono molto più buoni dei monelli poveri.

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Paul Rice – ACC

Un bambino ricco e buono ha ricevuto abbigliamento griffato (si noti l'outfit esclusivo), e un telefono ultimo modello. Il pargolo ha anche il privilegio di incontrare Babbo Natale e fare un selfie con lui. Prima dell'era digitale i ricchi potevano addirittura permettersi gli elfie, foto scattate direttamente dagli elfi.

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Per i bimbi poveri e cattivi solo regali utili (ai genitori) e di scarso pregio economico-sociale. Babbo Natale sparisce prima dell'alba.

Nel fotogramma estrapolato dalla telecamera di sicurezza del guardone adiacente, Santa Claus sta testando il regalo prima della consegna: l'unica vera sorpresa sarà la bolletta della corrente elettrica.

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Tipico regalo per bimbi bravi e meritevoli

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Classico regalo in materiali riciclati per bimbi che non si sono comportati bene

PANETTONE CONTRO PANDORO: IL RITORNO

Negli ultimi anni c'è stata una contrazione nelle vendite di panettone e pandoro, i dolci tradizionali delle feste natalizie. Colpa del Covid e della guerra in Ucraina? Certamente. Non c'è nessuna delle nostre disgrazie che non sia possibile attribuire a quei due eventi.


Così, nonostante le martellanti pubblicità, dove tutti sono incredibilmente belli, perdutamente buoni, e inspiegabilmente felici intorno a uno scintillante pan... (il lettore scelga se ettone o doro), il consumo dei due prodotti si era fortemente ridotto. E questa riduzione riguardava sia i "modelli base", sia le numerosissime varianti, sempre più fantasiose: dal panettone alla manna siciliana, al pandoro con miele delle api del Kangaroo, passando per il caramellato al sale dell'Himalaya.


Invece, quest'anno si assiste alla riscossa dei due dolci tradizionali italiani, sempre in competizione fra loro, ma ancora sul podio dei più venduti al mondo. Grazie ad alcune iniziative le vendite si sono impennate (con rispettose pernacchie a chi sostiene la superiorità del Christmas Pudding).


Un famoso produttore ha avuto l'idea geniale di far sponsorizzare il proprio pandoro da una giovane influencer, bella e famosa, capace di convincere milioni di follower che parte del ricavato della vendita sarebbe stato destinato in beneficienza. La beneficienza, si sa, è ancora un elemento che apre i cuori (e i portafogli), specie a Natale.


Poi, però, la bella fiaba ha preso una brutta piega. Senza entrare in complicati dettagli, possiamo dire che in qualche modo il lupo, travestito da Agente delle Entrate, è piombato sui pandoro con tutto il suo branco di controllori: la bella e buona Cenerentola è stata trasformata in una brutta sorellastra piagnucolosa, e il Re dei Pandoro è stato costretto a pagare tante sonore monete di pandoro zecchino.


Tuttavia, la triste vicenda - della quale si è parlato alla nausea - invece di affossare definitivamente il mercato come ci si poteva aspettare, ha destato l'interesse dei consumatori, facendo risalire i grafici dei ricavi.


Anche per quanto riguarda il Panettone ci sono state iniziative che, a dispetto della loro stranezza al limite dell'idiozia, hanno riacceso l'interesse dei consumatori. A Torino, per esempio, è stato creato il panettone più prezioso al mondo: cinque chilogrammi di impasto allo zafferano e cioccolato fondente, ricoperto da una sfoglia d'oro da 22 carati, e da diamanti incastonati alla base, in numero variabile secondo ordinazione. Si dice che siano andati via come il pane, anzi, come il panettone. Uno è stato acquistato da un magnate russo, al prezzo di mezzo milione di euro, e un altro da un miliardario indiano, che l'ha regalato alla nipote per le nozze, pagandolo 700mila euro.


Sì, anche a noi sembrano un po' cari: chissà, forse, aspettando dopo l'Epifania, avrebbero potuto approfittare delle offerte tre per due. Per non parlare del rischio di mordere uno dei diamanti, pietra che si colloca al livello più alto nella scala delle durezze dei minerali. Ma che cosa importa: il valore di uno solo di quei diamanti copre ampiamente le spese del più costoso dei dentisti.


Qualche problemino potrebbe insorgere solo se, per errore, se ne ingoiasse uno: si trascorrerebbero i successivi giorni di festa seduti sul vasino, per essere certi di recuperarlo.


Ma al di là degli aspetti stravaganti, e della facile ironia, ci fa molto piacere che due prodotti della più antica tradizione Made in Italy siano tornati sulle nostre tavole, e che addirittura ci si metta in coda per acquistarli nelle pasticcerie più antiche e rinomate.


E siamo felici che siano consumati anche a scuola, come dessert nelle mense, e durante le festicciole prefestive, senza preoccuparsi di chiamarli con un altro nome per non offendere i bambini stranieri, abituati a dolci natalizi diversi.


Perché, va detto, Gesù sostituito con cucù suona blasfemo persino alle orecchie degli atei.

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Stefania Marello - ACC

Panettone ricco

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Panettone indigente

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Pandoro indigesto

CAMBIO SESSO: SARÀ NECESSARIO RIFARE L'ESAME DI GUIDA


Si sa che uomini e donne guidano in maniera differente gli uni dalle altre. Né meglio, né peggio, semplicemente hanno le proprie caratteristiche che ne contraddistinguono il modo di condurre i veicoli.


Per questo motivo, nel caso in cui automobilisti (o motociclisti, o camionisti) dovessero cambiare sesso, potrebbero vedersi costretti a dover frequentare un corso di aggiornamento a scuola guida.


Ad esempio, gli uomini tendenzialmente non usano gli indicatori di direzione, mentre le donne normalmente li inseriscono a destra per girare a sinistra, e viceversa, e questo fa sì che dopo un paio di incroci o rotatorie, l'auto che segue, prenda le dovute misure e si regoli di conseguenza, cosa impossibile se il transgender al volante andasse a casaccio senza un criterio ben determinato.


I maschietti non sono in grado di guidare mentre si mettono il rossetto, cosa che riesce naturale alle femminucce, mentre le donne non sono molto abili a visionare i video ricevuti in chat mentre sono al volante, poiché tendono a distrarsi e a farsi coinvolgere dalle scene; gli uomini invece sono in grado di seguire addirittura video a luci rosse, senza deconcentrarsi.


Pare ovvio che, in caso di cambio di genere, sarebbe auspicabile aggiornare il metodo di condurre veicoli. Sembra che alcune scuole guida all'avanguardia si stiano attrezzando per organizzare appropriati corsi di recupero.

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Paul Rice – ACC

A sinistra un uomo diventato donna ha saputo di uno sconto imperdibile sul mascara al centro commerciale. A destra una donna diventata uomo ha scoperto un'offerta speciale sulle birre doppio malto al supermercato.

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La patente per trattori agricoli è unisex: uomini e donne guidano allo stesso modo.

NON HO L'ETÀ PER AMARTI, MA HO L'ETÀ PER LO SCONTO


Immaginate un mercoledì mattina al supermercato di una grande città: non è un giorno prefestivo, non è orario di punta, non siamo vicini alle feste, eppure il parcheggio è pieno, i carrelli quasi esauriti, le corsie affollate, e c'è una bella coda alle casse. Che cosa succede? Succede che è il giorno dello sconto agli over 65.


Non ricordo quando, né quale supermercato ebbe per primo l'idea, però l'iniziativa dura da alcuni anni: nella maggior parte dei punti vendita, dai minimarket, ai discount, alle grandi catene commerciali, in un determinato giorno della settimana si concede ai clienti diversamente giovani una piccola percentuale di sconto sul totale della spesa.


Il successo di questo sconto non era così scontato. Invece, la strategia è risultata vincente: gli over 65 sono tanti, e appartengono ad una generazione che onora ancora il risparmio, e perciò è attratta dagli sconti sulla spesa come le falene dalla luce di una lampada.


Nel giorno stabilito, quindi, gli over si presentano numerosi: solitari o a coppie lui e lei, autonomi o sorretti dalla badante, baldanzosi o zoppicanti, a corpo libero o con vari supporti: bastoni, stampelle, deambulatori. E iniziano il giro di acquisti.


Non solo sono numerosi, ma riescono a intasare ogni spazio tra gli scaffali a causa della loro lentezza e indecisione. Mogli e mariti si fermano a lungo davanti alla merce, discutendo se sia il caso di effettuare l'acquisto: lui dice "lascia stare, ne abbiamo ancora", lei ribatte "ma no, non ti ricordi che ieri hai preso l'ultimo?"; oppure è lei a dire "basta con 'ste coppe del nonno, che hai già la glicemia alta" e lui si difende dicendo che li vuole comprare per il nipotino. Così sostano un quarto d'ora e, presi dalle discussioni, non si accorgono che il loro carrello sta bloccando il già congestionato traffico di ausili sanitari ortopedici.


Il personale deve essere pronto ad aiutarli e soccorrerli nelle difficoltà, come ad esempio rianimare un vecchietto che rovista, piegato in due sul banco frigo, alla ricerca dei filetti di merluzzo, ma che poi non riesce a raddrizzarsi per colpa della sciatica, e ha già la barba ricoperta di brina.


L'over 65 a caccia di sconto entra nel supermercato la mattina presto, e difficilmente esce prima di mezzogiorno: è in pensione, non ha impegni e può prendersi tutto il tempo che gli serve. Poiché sa che questo tipo di sconto non si applica sui prodotti che usufruiscono già di altre offerte, seleziona con cura ciò che acquista, perché vuole riempire il carrello esclusivamente di prodotti scontati proprio per lui, in virtù della sua veneranda età. Da vero fanatico, ben deciso a non farsi portar via i suoi diritti di over, legge con cura i cartellini dei prezzi, si informa se non è sicuro, prende in mano un prodotto, poi, non convinto, lo rimette a posto...


Ma quando finalmente arriva alla cassa mostra con orgoglio malcelato la sua carta di identità (anche se nessuno gliel'ha chiesta perché si vede lontano un miglio che ha superato i sessantacinque da un bel pezzo), paga, controlla lo scontrino e gongola fra sé per i quattro, cinque euro di sconto che ha ottenuto. Se avesse vinto al lotto non sarebbe così soddisfatto.


La spesa degli anziani nel giorno dello sconto è diventato lo sport nazionale della terza e quarta età, praticato da Nord a Sud, in ogni centro commerciale della penisola, in tutte le stagioni: anziani che prima andavano al supermercato quando capitava ora ci vanno esclusivamente nel giorno dello sconto. E anche i sedentari, che prima non uscivano quasi mai e si facevano portare la spesa da figli e nipoti, o che compravano nelle botteghe sotto casa, ora si riversano tra le corsie del supermercato, per avere l'esaltante consapevolezza che, almeno un giorno la settimana, essere anziani ha anche qualche privilegio.


In un certo senso, oltre a giovare agli incassi del supermercato, questa iniziativa giova anche alla loro salute: fanno del benefico movimento, si buttano nella mischia, discutono, calcolano, mettendo in moto i muscoli impigriti e rianimando qualche neurone in agonia.

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Stefania Marello - ACC

Dai, corri Giovanni, che alle 9 apre il supermercato!

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Cosa aspetti? Avere più di 65 anni non è mai stato così conveniente!

TENTA SUICIDIO CON L'AUTO ELETTRICA E QUANDO RICEVE LA BOLLETTA HA UN INFARTO


Un ex operaio metà-meccanico (cioè con un contratto di lavoro part time) di Burlate sul Serio, ma originario di Seriate, da anni sofferente di depressione, ha tentato di farla finita utilizzando il collaudato metodo del gas di scarico dell'auto che, grazie al monossido di carbonio, non lascia scampo.


Purtroppo le vicissitudini della vita lo avevano portato sull'orlo del baratro: aveva perso il lavoro, poi la moglie, la casa... Il colpo di grazia lo ha avuto con l'esclusione per la ventisettesima volta consecutiva dei Jalisse dal Festival di Sanremo. No, non aveva più ragione di continuare a vivere schiacciato dalle sofferenze terrene.


Gli restava solo la sua vecchia vettura americana e un box auto che aveva adibito a rifugio temporaneo in attesa di una sistemazione stabile.


Così, una mattina, ha collegato il tubo di scarico all'abitacolo e ha acceso il motore attendendo la dolce morte.


Dopo pochi secondi, si è avvicinato un agente della municipale che gli ha intimato di spegnere immediatamente il motore comminandogli una multa salatissima per utilizzo di motore diesel euro zero virgola zero qualcosa, in pieno centro abitato.


Ha così deciso di ritentare l'insano gesto, questa volta a norma di legge, in regola con le direttive U.E.


Si è fatto prestare l'auto elettrica da un amico e, dopo averla portata nel suo box, ha collegato la presa di ricarica alla rete elettrica e acceso il motore prendendo una dose massiccia di tranquillanti e sonniferi in attesa che si compisse il suo destino.


Forse era l'unico a non sapere che le auto elettriche non emettono gas di scarico, forse è stata una semplice distrazione, sta di fatto che si è risvegliato dopo quattro giorni vivo e vegeto e soprattutto ben riposato, insomma in perfetta forma smagliante.


Uscito indenne da questa esperienza ha compreso che la vita offre sempre un'altra opportunità e ha così deciso di cercare un lavoro e di tentare di ricostruirsi una vita.


Purtroppo la scorsa settimana ha ricevuto la bolletta della corrente elettrica che, a causa dei quattro giorni ininterrotti di ricarica della batteria, era lievitata esponenzialmente.


Al povero ex metà-meccanico (e a questo punto ex metà-suicida), non appena letto l'importo da pagare, è preso in infarto e attualmente si trova ricoverato in prognosi riservata nel reparto di terapia semintensiva presso l'ospedale locale. Seguiranno aggiornamenti.

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Paul Rice - ACC

L'auto con motore diesel euro 0,06 con cui l'ex metà-meccanico ha tentato il suicidio

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Prototipo di auto elettrica: per ora nuoce gravemente alla salute, ma non è indicata per togliersi la vita

LE STORYCETTE DELLA NONNA: L'ARIA FRITTA

"Tutto si può friggere, perciò andate a farvi friggere!"

Carlo Cracco, ai concorrenti di un Talent Show

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Siamo abituati a sentire l'espressione "aria fritta" in ambiti che nulla hanno a che fare con l'arte culinaria. Si tratta di una metafora per definire la mancanza di concretezza, le argomentazioni inconsistenti, i discorsi vuoti di sostanza e infarciti di vane promesse. Sono definiti aria fritta, ad esempio, i discorsi di un politico che promette di abbassare le tasse ai pensionati e di aumentarle alle banche, di mettere in sicurezza le scuole acquistando lavagne luminose e banchi a rotelle.


Da qualche anno però l'aria fritta è entrata ufficialmente nella nostra alimentazione come ingrediente di alcuni prodotti, specie dietetici, a basso (o preferibilmente nullo) contenuto di calorie: sono prodotti che si rivolgono ai celiaci, ai diabetici, agli intolleranti a questo o quell'alimento. O semplicemente a chi vuole dimagrire, ma non riesce a stare mezz'ora senza sgranocchiare qualcosa.


A tale scopo sono stati creati alimenti nuovi, come i sincotti, i famosi "biscotti senza", reclamizzati ogni giorno da una pubblicità martellante. I sincotti non contengono zucchero, uova, latte, glutine, farina, olio di palma, burro e strutto. È più semplice ricordare quello che contengono: l'aria fritta, appunto. Oltre a quella sono ammessi soltanto aromi ed essenze. Finite le essenze restano le assenze, di nutrienti e di sapore.


Sulla scia dei sincotti sono nati molti altri prodotti a base di aria fritta. Del resto, i medici sono ormai concordi nel raccomandarci una dieta ipocalorica: per una lunga vita sana - ripetono - bisogna eliminare lo zucchero, i formaggi e i latticini (da sostituire col Kefir, una specie di yogurt dal sapore di lievito scaduto) la carne (da sostituire con la soia), la farina bianca raffinata (da sostituire con quelle marroni integrali). Insomma, un delirio per il palato. Purtroppo, se l'aria normalmente è gratis, quella fritta deve essere piuttosto costosa, perché i prodotti dietetici sono mediamente più cari di quelli tradizionali.


Di recente, un geniale pasticciere ha usato l'aria fritta come farcitura dei cornetti, inventando su due piedi l'Air Croissant. In pratica, dopo aver steso e tagliato la sfoglia per i croissant, la si gonfia, letteralmente, soffiandovi dentro l'aria con una pompa per biciclette. Perciò, ogni chef che si rispetti dovrà avere, nella sua attrezzatura, una pompa per biciclette. E che nessuno dica che l'aria fritta non ha gusto, perché l'aria che esce da una pompa da bici ha un retrogusto inconfondibile (provare per credere) di gomma, muffa e olio lubrificante. Se è difficile friggere l'aria, quest'uomo ha dimostrato però che si può cuocere al forno.


Dobbiamo rassegnarci: ogni giorno qualche studio scientifico scopre un nuovo cibo che fa male alla salute o che è cancerogeno, e alla fine ci rimarrà davvero soltanto l'aria fritta. Ma, attenzione, quell'aria dovrà essere fritta in assenza di condimenti, cioè nelle friggitrici ad aria.

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Stefania Marello – ACC

L'Air Croissant, ovvero aria cotta al forno

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Aria fritta su crostino di pane integrale

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Un'abbondante porzione di aria fritta

Digeribile e dietetica: si noti infatti la mancanza di tracce unte sulla carta assorbente

POCHI MEDICI, PROBABILE NUMERO CHIUSO PER I MALATI


Mancano i camici bianchi e in futuro sarà sempre peggio.


Pare che il Ministero della Salute non intenda percorrere la via più logica di aprire a un maggior numero di studenti.


L'Accademia dei Cinque Cerali, come sempre, ci mette una pezza proponendo il numero chiuso per i pazienti.


Si tratterebbe di utilizzare il collaudato test di accesso sui malati anziché sugli studenti.


Il candidato a un posto letto parteciperà a un vero e proprio concorso rispondendo a semplici domande riguardanti le proprie patologie. Verrà infine stilata una graduatoria che permetterà di stabilire le priorità di accesso alla struttura sanitaria.


Non sempre un paziente entrerà in graduatoria per la patologia di cui soffre, per cui potrebbe capitare che un malato di enfisema polmonare, "vinca" l'accesso al reparto cardiologia e gli venga praticato un bypass anche se il cuore è sano. Ma questi sono gli imprevisti tipici dei concorsi, del resto anche i medici talvolta si accontentano della specializzazione in cui riescono ad accedere e non quella che sognavano da bambini.

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Paul Rice – ACC

Un candidato finge un malore per acquisire crediti

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L'accesso diretto tramite arti marziali è controproducente perché finirebbero per ricoverare vincitore e perdente

SI AVVICINA UN TEMPORALE SUI NONNI ARCOBALENO


A Padova da qualche settimana un gruppo di mamme con gli abiti colorati e le facce dipinte staziona davanti al Tribunale: molte hanno i bambini in braccio, per mano o sul passeggino, e sventolano cartelli e striscioni che proclamano il diritto dei loro figli di avere ancora due mamme.


Che cosa è successo?


La procura di Padova aveva chiesto l'annullamento degli atti di nascita di 37 bambini che vivono in famiglie monogenitoriali, contestando improvvisamente il ruolo del genitore non naturale. In sostanza, avrebbe cancellato con un colpo di spugna tutti i suoi diritti e doveri verso i figli, privando di fatto questi bambini del secondo genitore. Come sempre, i cortei, le manifestazioni e i sit-in di cittadini giustamente incarogniti diventano pane per i denti della politica, sempre pronta a sfruttare le disgrazie delle minoranze, nella speranza di acquisire voti senza impegnarsi troppo.


Dai tempi dei girotondi di Nanni Moretti questa storia ci ha frantumato a dovere; ormai la società è pronta, e non ha alcun problema ad accettare coppie omo, e famiglie arcobaleno. Quelli che restano sempre indietro sono i politici e le istituzioni, che vanno a cercare il pelo nell'... omo, pur di attirare su di sé le luci della ribalta.


Una faccenda tutta italiana: le coppie monogenitoriali esistono, nonostante i vari Pillon, Salvini e Meloni si ostinino a raccontarci come deve essere una famiglia modello. Tutti sappiamo che la famiglia modello, o tradizionale che dir si voglia, in pratica non esiste, non l'aveva neppure Gesù: la società civile lo ha capito, lo hanno capito i sindaci che hanno celebrato i matrimoni 'sacrileghi' senza essere fulminati dall'Altissimo, e che hanno iscritto i figli del peccato all'anagrafe con i loro "genitore uno e genitore due"; lo hanno capito le scuole e gli altri bambini, quelli con una mamma e un papà, che vivono nelle famiglie tradizionali, in teoria perfette, ma in pratica piene di magagne.


E nonostante tutto funzioni bene nelle famiglie arcobaleno, i bambini siano felici, accuditi e amati - si potrebbe dire - come Dio comanda, i legislatori non si sono ancora mossi dalla loro inerzia 'costituzionale'. Così, manca una legge che regolamenti ciò che è già realtà, e in queste lacune legislative si infilano gli alterchi della politica e le sante obiezioni del clero, il quale, essendo formato da persone che non hanno una famiglia propria, sarebbero i meno adatti a parlarne e a pontificare.


Le coppie monogenitoriali, nelle quali solo uno dei genitori ha fisicamente partorito o ha donato il seme per la fecondazione assistita, esistono da decenni: molte hanno figli ormai adolescenti o giovani adulti, che presto avranno figli a loro volta. Avremo perciò i nonni arcobaleno: "nonno e nonna uno", cioè i nonni naturali, e "nonno e nonna due", gli altri. Se andiamo avanti di questo passo, questi ultimi non saranno mai sicuri di essere considerati nonni di fronte alla legge. Il loro ruolo potrebbe essere contestato da un momento all'altro: in tal caso non potrebbero andare a prendere i nipotini a scuola, portarli in piscina, accudirli quando sono malati, e nemmeno portarseli in vacanza. Non sono i nonni naturali, i nipoti non hanno ereditato il loro DNA, e potrebbero perciò non ereditare neppure i loro risparmi.


Ma tutto questo, si dirà, è nell'interesse dei bambini.

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Stefania Marello - ACC

Nonne in bianco e nero

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Nonni arcobaleno

ARRIVANO I PELANDRONI: I DRONI FANNULLONI


I droni vengono impiegati per i lavori più disparati, dalle riprese aeree, al controllo di infrastrutture, al trasporto di piccoli oggetti, e ahinoi, purtroppo si sta sperimentando il loro utilizzo a scopo bellico. Si tratta di un mondo in continua espansione che porterà all'utilizzo di questi piccoli oggetti volanti in moltissimi ambiti civili e industriali.


Purtroppo, come accade per gli esseri umani, anche fra i droni vi sono gli scansafatiche quelli che vivono di espedienti e che mal sopportano le giornate lavorative full time.

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Paul Rice – ACC

Alcuni droni passano la giornata al bar e, grazie alle innumerevoli prese di corrente, possono ricaricarsi sul posto senza dover rincasare.

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I più fortunati passano la giornata al mare, anche con l'arrivo della stagione fredda, poiché sopportano benissimo le basse temperature.

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Vi sono anche i disonesti, i cosiddetti LA-DRONI

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Non mancano i velivoli che controllano e fanno lavorare gli operai umani, si tratta dei PA-DRONI.

LE STORYCETTE DELLA NONNA - GLI AGNOLOTTI


Navigando sul web, mi sono imbattuta in una storia singolare: i gyoza, meglio conosciuti come ravioli cinesi, sarebbero stati inventati da un medico, allo scopo di riscaldare le orecchie dei pazienti affetti dai geloni. La prima obiezione che salta in mente a questa stramba idea è che sarebbero bastati dei pannicelli caldi, più comodi da applicare rispetto ai ravioli, i quali, pur avendo pressappoco la forma dei padiglioni auricolari, sono piuttosto unti e scivolosi. Ma non era questa l'idea di Zhang Zhongjing, medico che visse all’incirca tra il II e il III secolo d.C., e che è considerato uno dei padri della medicina tradizionale cinese: una sorta di “Ippocrate cinese”.


Secondo la leggenda, Zhang fece visita, dopo una lunga assenza, al suo villaggio natio durante l'inverno. Notò che molti concittadini soffrivano di geloni, soprattutto alle orecchie. Per risolvere il problema, Zhang cucinò della carne di montone, con peperoncino ed erbe curative, e la avvolse in ritagli di pasta. A questi fagottini diede la forma di piccole orecchie, li fece bollire, e li distribuì ai vicini, affinché mangiandoli si riscaldassero e favorissero la circolazione del sangue. Evidentemente non erano ancora stati inventati i berretti e i paraorecchie di lana, che avrebbero risolto facilmente il problema.


Agli abitanti del villaggio quel dono piacque così tanto che si appropriarono della ricetta. E tutt'oggi li servono, roventi come ferro fuso, nei ristoranti cinesi di tutto il mondo, dando un particolare significato alla formula all you can eat: tutto quello che riuscite a mangiare senza urlare per le ustioni interne. Dopo, non si avverte più il freddo alle orecchie.


Questa interessante storia (ci chiediamo, come per tante notizie dal web, come potevamo vivere senza saperlo) mi ha fatto pensare alle varietà nostrane di pasta ripiena, in particolare ai piemontesissimi agnolotti.


Prima di tutto: perché si chiamano agnolotti?


Il nome sembra derivare da un termine del dialetto piemontese “anulòt”, con il quale veniva chiamato uno strumento a forma di anello utilizzato per preparare gli agnolotti in casa. Un tempo, infatti, questa tradizionale pasta all'uovo era rotonda, e solo in un secondo momento ha preso la tipica forma quadrata, con i bordi ritagliati a zigzag grazie a una particolare rotella.


Un'ipotesi interessante sull'origine del nome giunge dall'Accademia dei Cinque Cereali: il termine agnolotto potrebbe derivare (e chi se lo aspettava?) dal latino: 'agnus lautus', cioè agnello abbondante. Infatti, questo piatto veniva servito tradizionalmente il giorno di Pasquetta, utilizzando per il ripieno gli avanzi dell'agnello pasquale. Dal latino Agnus lautus al tardo piemontese agnu-lot il passo fu breve. (*)


Gli agnolotti si differenziano dagli altri tipi di pasta ripiena proprio per il ripieno, esclusivamente a base di carne tritata e verdure. Invece ravioli, cappelletti e tortellini possono avere altri ripieni: dalla ricotta, alle erbe, alla zucca, ai funghi. Nella scelta del ripieno nessuno finora ha eguagliato la fantasia di un noto imprenditore veneto-americano (tale John Frog) che nei ravioli ha messo, oltre a tutte le bestie terrestri possibili, persino l'astice, il polpo e... il cioccolato, che non è una bestia, ma nei ravioli ha avuto un successo bestiale. Invece, una bestia non ancora utilizzata da John Frog per il ripieno dei suoi tortellini è la rana, forse per evitare vaghi richiami al cannibalismo.


Il ripieno degli agnolotti può essere preparato in anticipo con gli avanzi del bollito o dell'arrosto del giorno prima, tritati finemente insieme alle verdure, con aggiunta di pangrattato, parmigiano grattugiato e spezie. La preparazione della sfoglia di pasta è piuttosto lunga e laboriosa: una volta stesa dello spessore desiderato (deve essere piuttosto sottile, ma non troppo da lacerarsi durante la cottura) la si farcisce con palline di ripieno e si confezionano dei fagottini. Si cuociono in abbondante acqua bollente, si scolano, e si condiscono a piacere.


Gli agnolotti hanno ricevuto ben cinque stelle sulla Guida Riciclin (leggi Risiclen), che riporta le migliori ricette che riciclano il cibo rispettando l'ambiente.


La dose a persona si calcola a dozzine, e non a peso. Questo costrinse le massaie piemontesi di epoche antiche e poco scolarizzate a imparare a contare.


Perché proprio a dozzine, e non per esempio a decine? A questo credo di saper rispondere: perché dodici è un multiplo di tre, e mio nonno, gran mangiatore di agnolotti, soleva dire che a tavola gli agnolotti in ballo sono sempre tre: uno balla in bocca, il secondo balla sulla forchetta, e il terzo viene fatto ballare nel piatto dallo sguardo voglioso del commensale affamato.

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Stefania Marello - ACC

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(*) Aneddoto storico.

Nel 1961, in occasione del centenario dell'Unità d'Italia, la Regina Elisabetta d'Inghilterra venne in visita a Torino. In un famoso ristorante del centro la Regina, che allora era giovane e di buon appetito, dopo aver spazzolato il vitello tonnato ne chiese un'altra porzione: "A new lot, please!". Ma il cameriere, digiuno di cibo e soprattutto di inglese, capì "agnulot", e le portò un'abbondante porzione di agnolotti al sugo. La Regina guardò il piatto perplessa ma, secondo vari testimoni, non protestò. Si limitò a dire: "It does'nt matter", espressione molto british per dire "Nessun problema", e ripulì il piatto in pochi minuti.

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Tipico piatto invernale della Cina del Nord:

orecchie amputate a causa dei geloni, brasate e condite con salsa di soia.

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Una delle poche specie animali sicura di non finire nel ripieno dei tortellini di una famosa marca italiana.

Continua...

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