Umorismo di sostegno
PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016
ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ
Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.
IN ARRIVO I VERI AMMORTIZZATORI SOCIALI
Da anni si parla di ammortizzatori sociali, ma nessuno pare averci capito molto.
Dal punto di vista lavorativo consistono in tutte quelle misure atte al sostegno dei lavoratori che dovessero trovarsi momentaneamente in stato di disoccupazione.
A causa della crisi economica e della difficoltà a reperire materie prime, anche i prezzi degli ammortizzatori idraulici, pneumatici e a effetto magnetico hanno subito impennate imprevedibili, mettendo in difficoltà milioni di automobilisti.
L'associazione metàmeccanici di Brevigliasco, sfruttando l'altra "metà", precisamente quella socioeconomica, ha brevettato gli unici veri ammortizzatori sociali in carne ed ossa… ooops in acciaio e gomma.
Si tratterebbe di ammortizzatori come quelli comunemente in uso sugli autoveicoli, facilmente rimovibili e reinstallabili in pochi minuti su altri mezzi di trasporto.
In questo modo sarebbe possibile "spostare" da un'auto all'altra gli ammortizzatori messi a disposizione degli automobilisti economicamente in difficoltà, con notevole risparmio in termini economici.
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Paul Rice - ACC

Con questo metodo il costo degli ammortizzatori viene agevolmente ammortizzato
IL GIRO D'ITALIA IN SMART WORKING
Per la prima volta il Giro D'Italia è in modalità smart working.
Sinora gli appassionati osservavano gli atleti stando comodamente seduti sul divano, ma ora è possibile partecipare dal soggiorno di casa, magari guardando la corsa in presenza alla TV o, per chi non ama il ciclismo, seguendo un bel film.
Questo innovativo sistema, il Giro 2.0, ha dato il suo primo vincitore in smart working alla ventiquattresima tappa, la Brevigliasco - Tribolate sul Serio.
Si tratta di Pierpaolino Impantanato del Gruppo Sportivo Scars Team che ha letteralmente surclassato gli agguerriti campioni in presenza, atleti del calibro di Armirail, Almeida, Roglic e Caruso.
Purtroppo al termine della gara il vincitore è stato escluso e gli è stata revocata la vittoria della tappa. Dopo aver superato brillantemente l’antidoping presieduto dal suo nutrizionista di fiducia, il vincitore Pierpaolino, è stato squalificato per aver usato una cyclette a pedalata assistita.
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Paul Rice – ACC

Pierpaolino Impantanato tenta la fuga sulla Piana di Brevigliasco a pochi minuti dalla partenza.
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Dalle riprese dall'alto si vede chiaramente che il Pierpaolino sta usando un "incentivo" artificioso per aumentare l'intensità della pedalata. Fortunatamente, grazie all'intervento degli esperti in nutrizione, si stabilisce che ciò non costituisce doping. Inoltre le analisi del sangue non rilevano tracce di creme spalmabili alla nocciola, note sostanze proibite agli atleti.
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Il sospetto: potrebbe esserci un meccanismo per la pedata assistita all'interno del carter? Si noti che per le gare da casa si utilizzano comode pantofole.
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Il fotogramma dell'autovelox sulla ripida salita di Tribolate sul Serio che inchioda il nostro Pierpaolino: oltre alla squalifica, rimedia anche una salata contravvenzione e una decurtazione di dieci punti sulla patente.
OROSCOPO 2.0
Cambiano i tempi e tutto si evolve. Un tempo era normale parlare di cavalli, ora di auto e moto. Non ci spostiamo più con la diligenza, ma con treni superveloci.
Anche l'astrologia dovrebbe opportunamente adeguarsi ai tempi, ecco perché l'Accademia dei Cinque Cereali ha immaginato i segni zodiacali del terzo millennio.
Paul Rice – ACC
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L'Ariete, un tempo utilizzata per sfondare le porte è ormai obsoleta. Oggi apre molte più porte un ATTO GIUDIZIARIO.
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Il Toro potrebbe essere sostituito da un moderno TRATTORE.
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Con le crisi delle nascite i Gemelli lasciano il posto al MONELLO (il figlio unico).
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Quel bellissimo crostaceo che rappresenta il Cancro, è ormai stato soppiantato e soppiattato dall'OSTRICA.
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Anche il re della giungla, il Leone, potrebbe essere sostituito dal signore della città: il CINGHIALE.
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La Vergine potrebbe essere rimpiazzata dalla MILF
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Un tempo la Bilancia era necessaria a tenere il proprio peso sotto controllo ma, nel terzo millennio, si dimostra più efficiente una DIETA equilibrata
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Il segno dell'ABARTH potrebbe soppiantare il vecchio Scorpione.
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Il Sagittario, noto lanciatore di frecce, potrebbe essere superato da un moderno FUCILE di precisione.
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Il Capricorno è un animale ormai anacronistico e assai impegnativo, meglio un autonomo e indipendente GATTO
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In soggiorno è più divertente guardare un TELEVISORE maxischermo che osservare per ore il solito Acquario.
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La miglior musica, si sa, è il silenzio, quindi i Pesci rappresentavano al meglio questa filosofia. Con l'avvento dello STEREO, fortunatamente, è cambiata la suonata.
STORYCETTE DELLA NONNA - LA POLENTA
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Si tratta di uno dei piatti più antichi al mondo.
Il termine polenta deriva dal latino puls, una miscela di acqua e farro macinato cotta sul fuoco, che costituiva la base dell'alimentazione delle antiche popolazioni italiche.
Dopo che il mais fu importato dall'America da Cristoforo Colombo nel 1493, la sua coltivazione si diffuse soprattutto al Nord. Sembra siano stati i friulani i primi ad usarlo per farne una farina granulosa con la quale preparare il puls. Come la parola "puls" sia diventata "polenta" è tuttora discusso dagli storici. L'ipotesi più probabile è riportata in uno dei più antichi e autorevoli testi di Storia della Nutrizione, il Manuale Bocconcelli del dottor Carlo Magno Bocconcelli, detto Maisazio. Secondo il Maisazio i popoli che abitavano il Nordest italico erano di natura pacifica, flemmatica e un "po' lenta", da cui il nome del loro piatto forte.
La polenta, dopo essere stata per secoli la base dell'alimentazione dei contadini, viene offerta oggi nei ristoranti di montagna, nei rifugi, servita in piatti di pietra lavica resistente al fuoco, ad una temperatura pari all'altitudine in metri: dagli 800 gradi centigradi in su. Essa fuma per ore, e il fumo si diffonde nell'ambiente circostante, facendo risparmiare i gestori sul riscaldamento del locale. Infatti, la polenta, come i vulcani, può essere di due tipi: attiva o spenta. I mangiatori di polenta conoscono molto bene le sue proprietà termiche, ma a volte può capitare ad un commensale sprovveduto e affamato di mettersi in bocca un pezzetto di polenta non ancora spenta, e di provocarsi ustioni di secondo grado guaribili in due settimane.
La polenta verace viene cotta a lungo sul fuoco dentro un paiolo, una specie di secchiello con fondo concavo. Si fa riscaldare l'acqua fin quasi all'ebollizione e vi si versa la farina di mais lentamente, rimescolando con un lungo bastone per circa un'ora. A cottura ultimata la si versa su un tagliere di legno per essere affettata. Se non avete in casa un camino o una stufa a legna e volete comunque cimentarvi, non comprate un paiolo, perché non sarebbe stabile sui vostri fornelli, né sulle piastre a induzione, sulle quali inizierebbe a piroettare come una ballerina solista. Usate una pentola grande, con fondo pesante, e preparatevi a mezz'ora di rimestamento con una mano, tenendo ferma la pentola con l'altra; se lo fate sovente vi verranno dei bicipiti robusti senza dover frequentare una palestra. Oppure acquistate le farine precotte, che vi eviteranno gran parte della fatica, ma sappiatelo: non sarà una polenta DOC, e nemmeno una polenta CDC (Come Dio Comanda).
C'è una domanda che i nutrizionisti si sentono porre frequentemente: la polenta fa ingrassare? Se consumata calda sì, perché ha molte calorie. Ma anche da fredda sembra che venga nuovamente riscaldata dai visceri, riacquisti le sue calorie, e si depositi nel girovita sotto forma di ciambella.
Varianti del passato e del presente sono la polenta taragna, la polenta bianca, la polenta bramata. Variante del futuro: la polenta di farina di grillo, decisamente non bramata dalla sottoscritta.
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Curiosità culturali
La polenta compare anche in alcune famose opere letterarie: chi non ricorda il soprannome di "Polentina" affibbiato a Geppetto per il colore della sua parrucca? O Guido da Polenta, signore di Ravenna, citato nella Divina Commedia?
Il nome latino 'puls' assomiglia notevolmente a 'pus', non solo nella grafia, ma anche nel colore e nella consistenza. Ma secondo L'Accademia dei Cinque Cereali le due parole non sono etimologicamente imparentate, nemmeno alla lontana.
Su questa ultima pillola di sapere vi lasciamo al vostro piattone di polenta gialla e fumante, e vi auguriamo buon appetito.
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Nonna Abeffarda - ACC

Polenta attiva
(Il vapore che fuoriesce dal magma polentoso può raggiungere temperature variabili fra 800 e 1200°C)

Polenta spenta
(Si notino i cristalli di Polentite a forma di parallelepipedo)
SPECIALE ALIMENTPSICANALISI: LA PIATTAGORAFOBIA
La piattagorafobia, detta anche la sindrome da piatto semivuoto, contrariamente a come si potrebbe pensare, non consiste nel timore di avere cibo insufficiente a placare la propria fame, si tratta invece di una sensazione di paura soggettiva nel vedere il piatto non interamente ricoperto da cibo.
Generalmente colpisce coloro ai quali vengono serviti piatti che non raggiungono almeno il 70% della copertura con buone e succulente pietanze.
In letteratura scientifica non esiste questa patologia di origine psicosomatica, poiché è appena stata scoperta dal dott. Gioz, psichiatra dei computer di fama intercondominiale, studiando su se stesso le reazioni da piatto semivuoto.
Calcolando i tempi tecnici per andare in stampa, è possibile che le riviste mediche non inizieranno a parlarne e a studiare il problema prima della prossima estate.
Come capire l'esatta copertura di cibo in un piatto?
Pare sia stata realizzata una nuova APP che permetterebbe di calcolarne la copertura in tempo reale semplicemente fotografandolo.
Il nome della applicazione è piuttosto intuitivo, si tratta della APP PARECCHIA.
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Paul Rice – ACC
Risotto ai funghi: copertura 84%.
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La APP non si fa ingannare dai piatti gourmet a "cappello di prete": viene calcolata anche la "tesa" come superficie utile. Questa copertura non supera il 45%.
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Copertura da brivido per chi soffre di piattafgorafobia. Anche senza l'utilizzo della APP è evidente che si spaventerebbe anche un anoressico.
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La APP riesce anche a calcolare la copertura in piatti di questo tipo, calcolando altresì la percentuale relativa di ciascun settore
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Inutile tentare di ingannare la APP asportando una fetta: la pizza raggiunge sempre il 100% di copertura. In pizzeria il piatto viene scelto in base al diametro della pizza.
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Una funzione della APP, specifica per il fritto misto alla piemontese, oltre alla copertura del vassoio,
permette di calcolare la percentuale di mele, amaretti, semolini, Pavesini, olive, ecc.
IL FIGLIOL BOOMERANG
A volte ritornano.
Non sto parlando di zombie, ma di figli.
Come dimostrano le statistiche, negli ultimi trent'anni la famiglia e la società sono profondamente cambiate. I figli e le figlie oggi restano in famiglia molto più a lungo di un tempo.
La generazione dei boomers non vedeva l'ora di essere economicamente indipendente per poter lasciare una famiglia che stava stretta: obblighi a non finire, orari da rispettare, appartamenti piccoli e sovraffollati, discussioni quotidiane. I giovani volevano formare una loro famiglia, o anche solo andare a vivere da soli. La situazione economica era diversa: il lavoro si trovava più facilmente di oggi, e di solito era anche retribuito meglio; limitando le spese non necessarie era possibile pagare un affitto, in attesa di raggranellare i soldi per acquistare un appartamento, anche piccolo, e con un mutuo. I figli che continuavano ad abitare con mamma e papà dopo i trent'anni erano rari, e venivano considerati sfigati.
Invece, oggi una persona su tre vive ancora con i genitori. E le altre due? Qualcuno sostiene che le altre due siano proprio i genitori. Si tratta di una battuta - forse - però il cambiamento è evidente e radicale.
Capita anche, con allarmante frequenza, che quei pochi giovani audaci che se ne sono andati a vivere altrove ritornino all'ovile: pecorelle smarrite in fuga dai gorghi della vita reale e dai rovi delle responsabilità. E il Buon Pastore che fa? Li accoglie, e che diamine: vuoi mica lasciarli al loro destino di persone adulte! Le cause di questi ritorni sono diverse: la separazione della coppia (evento molto più frequente di un tempo), le difficoltà economiche (il mantra 'aiutiamoli a casa loro' non è facilmente applicabile), i figli che hanno messo al mondo e che non riescono a gestire autonomamente: li portano al mattino dai nonni e li riprendono la sera, ovviamente fermandosi tutti a cena. E se nel frattempo si sono presi anche un cane, un gatto o un criceto, anche quelli saranno affidati ai nonni, compiacenti loro malgrado. Sono i moderni "figliol prodigo", che però non sono tanto prodighi, anzi, piuttosto esigenti e un filo opportunisti.
E i loro anziani genitori, dopo anni di sacrifici e spese per farli crescere e studiare, con l'obiettivo primario di renderli autonomi, si erano illusi di poter finalmente trascorrere una vecchiaia tranquilla e serena. Invece, si ritrovano a cambiare pannolini e seguire i nipoti più grandicelli nei compiti, portarli a nuoto, a calcio e dal dentista. Per usare un'espressione giuridica, essi diventano nonni affidatari, dal momento che i genitori naturali sono in difficoltà.
E senza possibilità di esimersi, sembra, considerando le recenti sentenze dei giudici che obbligano i nonni ad accollarsi le spese che i genitori affermano di non poter sostenere.
Nella famosa parabola del Vangelo, per festeggiare il figlio che ritorna il padre uccide il vitello grasso. Nella realtà delle nostre famiglie c'è poco da festeggiare, e nessun vitello da sacrificare. Anzi, per cenare tutti insieme appassionatamente è meglio il pollo della rosticceria, che rispetto alle fettine di vitello è sicuramente più economico.
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Stefania Marello - ACC

Il figliol prodigo
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CRISI ECONOMICA: ANCHE L'URANIO SI È IMPOVERITO
Quanto emerge da un'inchiesta curata dall'Accademia dei Cinque Cereali è preoccupante.
Pare che la crisi mondiale che conduce inesorabilmente all'impoverimento globale colpisca tutti, persone e cose a ritmi allarmanti.
Da uno studio emergerebbe che, a causa della situazione economica, ma soprattutto della guerra un Ucraina, si impoverirebbe anche l'uranio 238, un metallo bianco-argenteo radioattivo.
Pare infatti che le riserve di uranio impoverito siano in continua espansione nei depositi di siti militari adibiti a stoccaggio di materiali radioattivi.
Ogni anno, fra le persone, la povertà nel mondo aumenterebbe del 4% circa, mentre il famoso metallo crescerebbe almeno del 9% su base mensile, tanto che gli appositi silos potrebbero a breve non essere sufficienti allo stoccaggio.
Stanno già nascendo, come funghi atomici, numerose associazioni volte a contrastare l'impoverimento dell'uranio, come "Radioactivity", oppure "Save the uran", "Urancef", o anche "Radiazioni senza frontiere", poiché sappiamo bene che la solidarietà è sempre in prima linea nella lotta alla povertà, compresa quella dei metalli radioattivi.
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Paul Rice – ACC

Anche in caso di crisi c'è chi specula: presto i "Compro oro" potrebbero essere convertiti in attività più redditizie
LE STORYCETTE DELLA NONNA: LASAGNE AL FORNO
LE STORYCETTE DELLA NONNA:
LASAGNE AL FORNO
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"Si puorte in tavola la lassagna
ce sta sempre uno che se lagna"
(da "Il Mangiator Scortese" di Antonino Cannabisuolo)
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Cos'è una lasagna? Bella domanda: per cominciare è più facile definire cosa non è. Sicuramente non è una ricetta di facile e rapida preparazione, non è un piatto dietetico, non è un piatto vegano. Inoltre, non è economico dal punto di vista delle bollette, se consideriamo i consumi energetici per la cottura della sfoglia, del ragù, della besciamella, e infine del passaggio in forno.
Dal punto di vista dei tempi, sappiate che vi serviranno almeno sei ore, tra l'acquisto degli ingredienti, la preparazione e la cottura. Forza lavoro necessaria: almeno due cuoche/cuochi esperti, più un apprendista incatenato alla grattugia del parmigiano.
Il lavoro si suddivide in fasi:
- Impasto e stesura della sfoglia
- Preparazione della besciamella (che non dovrà presentare grumi e dovrà avere la giusta consistenza: mediamente si riesce al terzo tentativo)
- Preparazione di circa un chilo di ragù
- Grattugiare mezzo chilo di parmigiano
- Far bollire brevemente i rettangoli di pasta, pochi alla volta altrimenti si attaccano fra di loro
- Preparazione della teglia, con strati di pasta alternati a strati di sugo e besciamella.
Alla fine, se Dio vorrà, ci sarà la cottura al forno, che deve essere attentamente monitorata, affinché la vostra lasagna esca dorata, ma non bruciata, asciutta ma non secca, non unta, ma nemmeno attaccata alle pareti della teglia. Se invece Dio deciderà che non avete sofferto abbastanza, o che avete nominato troppo il suo nome invano durante la preparazione, trasformerà il vostro lavoro in una "cosa" impresentabile, e meno che mai mangiabile.
Le massaie d'altri tempi, perlopiù casalinghe e con tanto tempo libero (prima delle telenovele, dei Social e di Netflix) si impegnavano nella preparazione delle lasagne soprattutto per utilizzare gli avanzi: carne, pesce, frutti di mare e di terra, formaggi e affettati non proprio di primo taglio, pollo, frattaglie, uova scadute, ecc. Ecco perché in alcune regioni le lasagne si chiamavano anche pasticcio al forno. I vari ingredienti potevano essere sia crudi sia cotti in precedenza, poiché l'alta temperatura del forno garantiva, oltre a una appetitosa crosticina in superficie, una sicura moria di germi e batteri contenuti negli avanzi non sempre freschissimi.
Sulla storia della ricetta si suppone che il termine lasagna derivi dal latino. Le origini di questo piatto, quindi, risalirebbero all'antica Roma: i romani con il termine “laganon” indicavano una sfoglia sottile ricavata da un impasto a base di farina di grano, che veniva cotto al forno o direttamente sul fuoco. Infatti, all'epoca erano ancora sconosciuti i pomodori coi quali preparare intingoli e sughi, e i laganon erano fogli di pasta senza condimento. Non a caso "laganon", in veneto arcaico, significa proprio "non ha".
Da Roma la ricetta viaggiò verso Nord fino a Bologna, e verso Sud fino a Napoli.
Ci sono tuttora lotte intestine tra napoletani e bolognesi per accaparrarsi il merito di averle inventate. Altro genere di lotte intestine sono quelle combattute per digerirle. La digestione della lasagna è un fenomeno misterioso, tutt'ora studiato dai gastrofisici e dagli ingegneri digestionali della NASA (National Alimentar Studies Advanced).
Vi risparmio il lunghissimo elenco degli ingredienti e le complesse istruzioni per la preparazione completa, tanto più che oggi le lasagne si trovano già pronte nei supermercati e nelle gastronomie.
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Nonna Abeffarda - ACC

"Che cos'è questa cosa?"
Lotta intestina tra la fame e la diffidenza
MEDICI VS. OPERATORI TURISTICI ROMAGNOLI
I bomboloni alla crema sono uno degli argomenti più controversi della scienza moderna. I dietologi e i nutrizionisti dicono che sono dannosi per la salute, mentre i romagnoli sono convinti che facciano bene.
Ma la scienza è una, non trina. Si tratta solo di effettuare una corretta analisi e interpretazione dei dati. In pratica dipende dal punto di vista di chi si approccia scientificamente a questa annosa diatriba.
Ad esempio, un dietologo sosterrebbe che un krapfen alla crema contiene 350 Kcal, pari allo stesso peso di polenta e cervo o di salsiccia della festa campestre.
Il nutrizionista, invece, sosterrebbe che la quantità di zuccheri ivi contenuta è pari a quella di un chilo di salsiccia della grigliata di Ferragosto, di un litro di vino, o di due chili di patatine fritte del fast food.
I baristi della Riviera Romagnola garantiscono che l'apporto fornito da un bombolone alla crema è pari a una giornata di felicità.
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Paul Rice – ACC
Una soluzione potrebbe essere quella dello scambio cultural-gastronomico tra regioni,
per alternare le diete a beneficio della salute
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I DISTURBI ALIMENTARI
Di recente c'è stata la giornata dei disturbi alimentari, vere e proprie malattie che impediscono a chi ne è affetto di nutrirsi adeguatamente. Anoressia e bulimia sono le principali, di competenza della medicina ufficiale, dei nutrizionisti, degli psicologi, ma sicuramente non nostra.
Invece vogliamo parlare di disturbi di altro genere, anche se connessi comunque all'alimentazione.
Immaginate di essere al ristorante, con la vostra fidanzata, con l'intenzione di consumare una tranquilla e piacevole cena romantica. Naturalmente vale anche il viceversa: lei con il fidanzato, oppure lui con il fidanzato, oppure lei con... Insomma, immaginate tutte le possibili combinazioni, e - per carità - e non denunciatemi per sessismo e omofobia. Dunque, siete a tavola, davanti a una squisita portata di pesce, quando al tavolo accanto arriva una famiglia, di quelle dette 'allargate', formata da quattro adulti e mezza dozzina di bambini. Dopo alcuni minuti di calma i bambini perdono l'iniziale timidezza e ritrovano la consueta disinvoltura, dal momento che i genitori li ignorano e non sembrano intenzionati a contenere la loro molesta esuberanza: c'è chi corre tra i tavoli, chi strilla perché vuole gli spaghetti ai frutti di mare, ma senza i frutti di mare, chi guarda dentro le borsette altrui, e chi lancia palline di pane, e due sono già cadute nel vostro bicchiere di Sauvignon Blanc. Gli adulti urlano a loro volta per farsi sentire nel baccano dei loro adorati frugoletti, e tu e la tua fidanzata siete costretti a urlarvi dolci parole d'amore, oppure a consumare la cena in silenzio.
È lì che iniziano i disturbi alimentari. I vostri disturbi alimentari. Lo stomaco vi si chiude per una grave forma di gastrite con reflusso esofageo. Cercate di mantenere un sorriso di circostanza, ma sembra il sorriso di Psyco che spia la sua vittima nella doccia. Se poi vi viene in mente che alla fine di quello strazio dovrete anche pagare il conto, il fegato si contrae dolorosamente e rischiate un travaso di bile. Alla vostra fidanzata viene un tremendo mal di testa, e questa volta non è una scusa...
Altri disturbi consimili, sempre più diffusi, sono i disturbi elimentari, dove la parola elimentare è una sincrasi (parola dotta che vi fa capire quanto i membri dell'ACC siano scuolati) del verbo eliminare e del sostantivo alimento. Chi ne soffre rifiuta categoricamente di mangiare determinati cibi. In realtà, anche in questo caso non è il malato a soffrire, ma le persone che cucinano per lui e gli servono il cibo: ristoratori, famigliari, amici. E non sto parlando di vegetariani, o vegani, con i quali è facile capire che cosa non vogliono nel piatto; parlo di alimenti rifiutati senza alcuna logica o motivazione specifica.
Di solito ne sono affetti i bambini, che notoriamente rifiutano di mangiare la verdura, vogliono la pasta solo in bianco, e tolgono tutti i fagioli, uno per uno, dal minestrone. Il più delle volte questi capricci spariscono con la crescita, tranne rari casi nei quali il disturbo elimentare permane e addirittura si aggrava con il passare degli anni, sviluppando vere fobie per alcuni cibi.
Questi ex-bambini capricciosi si trasformano in adulti con disturbo elimentare. Invitarli a cena quando ancora non li avete conosciuti bene non è consigliabile.
Tendono a dirvi i cibi che non sopportano uno alla volta, così che, quando voi preparate una cena rigorosamente priva di latticini e broccoli, scoprite che non tollerano nemmeno il sedano e le barbabietole, che adorano la pasta al ragù, ma avanzano tutto il ragù, che amano le lasagne, ma solo se prive di besciamella, e che, oh sì, mangiano la bagna cauda, ma senza aglio e con poche acciughe. Eppure sono persone argute, deliziose, divertenti, purché assunte lontano dai pasti.
Alla fine vi rassegnate, e li invitate solo dopo cena, per il caffè. Sperando che almeno bevano il caffè.
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Stefania Marello - ACC

Sorriso di circostanza rivolto ai bambini chiassosi al ristorante
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Il commensale affetto da disturbo elimentare studia attentamente il cibo nel piatto
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Sempre più preoccupato si chiede: ci sarà un elimento nascosto nel dessert?
STUDIO: FARE VIAGGI DI NOZZE IN AFRICA AUMENTA LE PROBABILITÀ DI AVERE UN FIGLIO NERO
Un secolo fa la tipica luna di miele consisteva nel tour dei parenti per fare conoscere la sposa e lo sposo a zii e cugini lontani. I più innovativi riuscivano a trascorrere un fine settimana Venezia o sulla Costiera Amalfitana, con grande disappunto dei famigliari.
Nell'ultimo quarto di secolo il viaggio di nozze è diventato parte integrante e imprescindibile del matrimonio tanto che, spesso, viene inserito direttamente in lista nozze.
Tra le mete preferite ci sono località tropicali come l'Australia, l'estremo oriente, il Sudamerica e l'Africa.
L'Accademia dei Cinque Continenti, nell'ultimo decennio, ha preso in esame oltre cinquantamila coppie fresche di matrimonio e ha rilevato un curioso riscontro: le coppie che hanno scelto di trascorrere la luna di miele nel "continente nero", hanno fino al 76,4% di probabilità in più di avere un figlio nero.
Questa particolare tendenza raggiunge il picco intorno alla quarantunesima settimana dalla pronuncia del fatidico "sì", per normalizzarsi improvvisamente nelle settimane seguenti.
Secondo gli esperti la causa di questa predisposizione sarebbe da attribuire al clima particolarmente caldo e umido e all'alimentazione tipica di quelle località, che produrrebbero effetti irreversibili sui pigmenti del nascituro addirittura durante il concepimento.
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Paul Rice – ACC

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Un arzillo ottantenne, che da poco ha sposato un'avvenente ventenne, si reca da un suo amico medico e gli comunica che presto avrà la gioia di diventare padre.
Il medico gli racconta: "Una volta un mio amico è andato a fare un safari in Africa, ma al momento di uscire di casa, per errore, ha preso l'ombrello anziché il fucile".
E prosegue: "A un certo punto si è trovato davanti un enorme leone e distrattamente ha preso l'ombrello, lo ha puntato sul grosso felino, e gli ha sparato. Il leone è caduto a terra morto stecchito".
Il vecchietto ribatte: "Non è possibile, avrà sparato un altro".
E il medico: "Ecco, volevo farle capire proprio questo".
NOI BOOMERS
Nonostante una atavica avversione per le parole inglesi, noi nati negli anni del cosiddetto boom demografico abbiamo dovuto accettare l'appellativo di boomers, parola intraducibile che include in sé il concetto di esplosione. In realtà, nel primo ventennio dopoguerra non eravamo noi ad esplodere, ma le nostre mamme, con i pancioni esibiti con gioia, orgoglio e speranza nel futuro. Noi, il frutto di quell'esplosione di gioia e speranza, eravamo tanti, forse troppi, sempre in soprannumero dappertutto: a casa, dove si dormiva in sei tra camera e tinello, a scuola, che dovette introdurre i doppi turni, sui mezzi pubblici, perché nessuno poteva portarci a scuola in automobile. Eravamo abituati alle code sin da piccoli, per le altalene e gli scivoli dei giardini pubblici, poi a scuola per l'uso dei bagni, all'ufficio di collocamento, ai concorsi pubblici, al servizio di leva, agli sportelli dell'INAM, che non è una parola araba ma la sigla della cassa mutua di allora.
Eravamo tanti, troppi, anche al momento di andare in pensione, e ci costrinsero a lavorare qualche anno in più. Oggi, anziani con vari acciacchi, ma ancora decisi a non mollare, siamo perennemente in coda dal medico di base e in farmacia.
Una rarità, fra noi, i figli unici: la maggior parte ha dovuto condividere giochi, libri, cibo, e attenzioni con fratelli e sorelle. I nonni erano un lusso per pochi fortunati, poiché i sessantenni di allora erano già bisognosi di aiuto, più che in grado di offrirlo. E molti di noi non li hanno nemmeno conosciuti.
I metodi usati per educarci sono completamente alieni alla mentalità odierna: in casa le sberle e le ciabatte volavano con facilità, nessun genitore aveva letto libri di puericultura, e i rivoluzionari metodi montessoriani erano guardati con diffidenza. Non c'era il Telefono Azzurro, anzi, a volte non c'era neppure il telefono: diventavamo svelti nello scansare oggetti volanti ed esperti nel capire quando era possibile chiedere e insistere, o quando era meglio stare zitti o chiedere scusa.
A scuola andavamo con la cartella di cuoio, che già da vuota pesava qualche chilo. Ma non era un problema, perché avevamo soltanto due libri, due quaderni - uno a righe e uno a quadretti - e un astuccio per matite e penne. Noi boomers abbiamo ancora scritto intingendo il pennino nel calamaio, quello incastrato in un foro del banco, che veniva riempito a fine lezioni dal bidello. Con questo arcaico sistema abbiamo vergato pagine e pagine di aste, lettere maiuscole e minuscole, numeri e... macchie di inchiostro. Però abbiamo imparato a scrivere in modo leggibile.
Oggi i nostri nipoti vanno a scuola con zaini-trolley di marca, costosi, dotati persino di porta-PC e fessura di ricarica USB, così possono portare comodamente (nel breve tragitto dal Suv alla scuola e viceversa) decine di libri, quaderni che sembrano i dossier della Cia, borracce con ogni genere di bevanda corroborante, merende biologiche, frutta, vitamine e ovviamente l'immancabile tablet. Senza dimenticare il diario, che non serve più a nulla, perché per comunicazioni e compiti c'è un'apposita App. Però, sul diario è segnato il numero dell'avvocato di famiglia per l'immediata denuncia in caso di eccessi di severità di qualche sprovveduto insegnante.
A noi si raccomandava di "non stare con le mani in mano", cosa che oggi non ha più alcun senso. Vedete forse esseri umani di età compresa tra i dodici e i quarantacinque che fra le mani non abbiano uno smartphone o un tablet? L'ozio ai nostri tempi era il padre dei vizi, oggi è il fratello siamese dell'iPhone: sono indivisibili. Nessuno sta più con le mani in mano, tranne che nei pochi secondi in cui le mani si devono lavare, e lo smartphone viene amorevolmente trattenuto tra l'orecchio e la spalla (un'abilità invidiabile, che noi boomers non abbiamo mai acquisito). In tema di proverbi, dunque, vale ancora che "una mano lava l'altra", almeno finché non inventeranno una App per l'igiene personale.
I nostri genitori ci raccomandavano di non parlare con gli sconosciuti, ma oggi non è più necessario: bambini e ragazzi escono di casa con gli auricolari che trasmettono a tutto volume la loro musica preferita, e non solo non potrebbero dare retta agli sconosciuti, ma neppure agli stessi genitori.
Invece, col sistema educativo del "Percusse et impera", e lottando per conquistarci una vita dignitosa e indipendente, noi boomers non siamo poi cresciuti tanto male: per la maggior parte siamo rispettosi e onesti, e senza tanti grilli per la testa.
Forse per questo facciamo fatica ad accettare che presto li avremo nel piatto.
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Nonna Aboomer - ACC

Neppure dal barbiere si sta con le mani in mano
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Google per noi boomers: la biblioteca
VITRUVIAN FLUID GENDER
Il Tribunale di Venezia ha recentemente emesso un'ordinanza cautelare verso una nota società produttrice di puzzle, rea di aver commercializzato l'immagine dell'uomo vitruviano, la famosa opera di Leonardo Da Vinci, senza autorizzazione e senza pagarne i diritti.
I giudici hanno accolto l'istanza del museo che conserva l'opera per la violazione del Regolamento per la riproduzione dei beni culturali sull'uso dell'immagine per prodotti di merchandising, per i quali è previsto il rilascio di una concessione e il versamento del 10% sugli introiti delle opere commercializzate.
Non è il primo provvedimento di questo genere: è accaduto in passato col David di Michelangelo, ma queste situazioni possono mettere a repentaglio la diffusione di opere considerate ormai di pubblico dominio.
A porre rimedio a questo problema ci ha pensato l'Accademia dei Cinque Cereali avvalendosi della consulenza di Dalì Aquì, la più grande artista nel raggio di trecento metri.
L'incarico prevedeva l'analisi della situazione e la ricerca di una via d'uscita che salvasse arte, artisti e galleristi.
Visto e considerato che l'uomo vitruviano ha ormai più di cinquecento anni, è apparso opportuno provvedere a un restyling dell'immagine per portarlo al passo con i tempi.
La soluzione è arrivata in maniera naturale, togliere l'uomo oggetto di diritti patrimoniali, e inserire un fluid gender vitruviano, realizzando così un'opera d'arte copyright free.
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Paul Rice – ACC
Abbiamo scopertə unə novellə Leonardə?
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La BCE avrà pagato i diritti? In caso contrario, questa moneta potrebbe valere solo 90 centesimi
LA GIORNATA NAZIONALE DEI CALZINI SPAIATI
Lo spirito di questa ennesima giornata nazionale è richiamare l'attenzione su un fenomeno a lungo studiato da fisici e ingegneri di tutto il mondo, un fenomeno ineluttabile che comporta danni economici non indifferenti: solo in Italia ogni anno scompaiono fino a 3,5x10 alla settima calzini; al confronto, il numero di prigionieri politici scomparsi nei Gulag russi ai tempi di Stalin è risibile. Senza tener conto dei danni morali, dello stress subito dalle famiglie, delle liti per l'attribuzione delle responsabilità, e dei ritardi sul lavoro dovuti alle lunghe ricerche in tutta casa per reperire due calzini uguali. Un fenomeno complesso e denso di mistero almeno quanto le scie chimiche, il triangolo delle Bermuda e l'arresto di Matteo Messina Denaro.
Secondo gli storici, l'uso dei calzini è antico: probabilmente risale alle prime invasioni barbariche nei territori dell'Impero Romano. Infatti, nel clima mite della fascia mediterranea dove fiorirono le prime grandi civiltà, l'esigenza di tenere i piedi al caldo non era avvertita: si indossavano semplicemente sandali e calzari in ogni stagione.
Invece, le popolazioni barbare che abitavano nel Nord Europa dovevano ingegnarsi a proteggere dal freddo le loro estremità, dapprima con mezzi di fortuna come foglie e pelli di animale, e in seguito con il vello delle pecore cardato e filato. Così ebbero origine i primi ruvidi calzini.
Da allora calze e calzini divennero un capo d'abbigliamento irrinunciabile.
Oggi i calzini vengono prodotti industrialmente nei calzifici, con grande varietà di tessuti, colori e lunghezze. Dalla fabbrica escono a coppie, unite da una piccola cucitura e da una etichetta adesiva, e così giungono nei punti di vendita e nelle nostre abitazioni.
Tutto fila liscio (se il calzino non è ruvido) quando si indossano la prima volta. Purtroppo, il calzino ha la caratteristica di trasformarsi in bomba batteriologica dopo poche ore di utilizzo, e di produrre esalazioni mortifere: non basta, come alcuni si ostinano a fare, stenderli ad asciugare sul termosifone, anzi, è decisamente sconsigliato a chi non vive da solo. Perciò i calzini vengono gettati ogni sera nel cesto della biancheria sporca, o direttamente nel cestello della lavatrice, dove le coppie, motu proprio, già durante la notte tendono a separarsi e a mescolarsi con il resto dei panni sporchi. Ma il fatto più straordinario è che, dopo il lavaggio in lavatrice, i calzini non sono più appaiabili.
Questo fenomeno è chiamato il Mistero della trinità del pedalino, perché al mattino, così su due piedi, al posto di due calzini se ne possono trovare tre o uno o anche nessuno.
Il fenomeno è descritto in Matematica dal Teorema della Perdita della Parità in un Sistema Chiuso. Questo teorema afferma che:
i calzini sporchi che entrano in numero pari in un sistema chiuso di lavaggio ne escono in due modalità fisico-numeriche:
- Puliti, ma in numero dispari
- Puliti e in numero pari, ma di essi almeno due sono fra loro incongruenti, per colore o lunghezza o composizione
Questo teorema si applica anche ad altre coppie di oggetti comuni, come orecchini, guanti, ecc., ma non con la frequenza allarmante dei calzini. Che cosa succede, quindi, ai calzini che scompaiono ogni anno?
Alcuni finiscono in luoghi dotati di varchi temporali su mondi paralleli: ogni abitazione ne ha almeno uno, come il retro della lavatrice, lo scaffale dei detergenti sotto il lavello, il cesto porta giocattoli del figlio piccolo. Sono luoghi ai confini della realtà, dove gli oggetti entrano e a volte spariscono per giorni e mesi, per ricomparire magari nel cassetto delle tovaglie.
Altri vengono divorati dai meccanismi della lavatrice, che in seguito li restituisce nel filtro in forma di bioccoli di lanugine, insieme al calcare e altre schifezze. Un discreto numero finisce nella cuccia del cane o del gatto di casa, che se ne trastullano a lungo, prima di abbandonarli sotto il letto, nel vaso dei gerani sul balcone, o in qualche angolo oscuro e polveroso dello sgabuzzino.
In mancanza dell'asciugatrice, molti calzini si perdono nell'aere, dopo essere stati pinzati con poca cura durante l'operazione di stesura del bucato. In tal caso il vento li porta lontano, e sovente finiscono schiacciati dalle auto, appesi ai fili del tram o ai rami degli alberi, dove soffrono a lungo i raggi del sole rovente o il gelo invernale.
Come si è detto, si tratta di un problema che ancora non ha trovato soluzione. Forse, è nella natura stessa del calzino ricercare la solitudine e l'ascetismo dei santoni indiani, oppure desiderare l'indipendenza dal partner che non sopporta, per innamorarsi di un compagno diverso e complementare (magari anche solo per il colore) e di volerlo amare e onorare in bucato o in porcheria.
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Stefania Marello – ACC
Articolo perduto e ritrovato nella memoria Rum (Rumenta memory) della nonna.

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Calzini presumibilmente in uso presso i Vichinghi
decorati con antichi simboli di fertilità
NONNA ABEFFARDA ALLE PRESE CON LA TECNOLOGIA MODERNA

Ci scusiamo con i lettori, ma Nonna Abeffarda,
che solitamente inviava i suoi manoscritti a mezzo posta prioritaria,
ha acquistato un computer quasi nuovo, di ventiquattresima mano.
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Si tratta di un Olivetti con processore 286 e,
dopo aver scritto un articolo ininterrottamente per sedici ore,
ha scordato di salvare il file con nome (e anche con cognome),
perdendo per sempre nei meandri della memoria RAM il suo dattiloscritto.
I SALUTISTI CHIEDONO BOMBE ATOMICHE A BASSA RADIOATTIVITÀ
Il rischio di un conflitto atomico, oltre ai milioni di morti che causerebbe, potrebbe provocare danni da radioattività sull'intera popolazione mondiale.
Le atomiche attualmente in dotazione sono assai più potenti di quelle esplose a Hiroshima e Nagasaki; al confronto quelle dell'agosto 1945 erano botti di Capodanno.
Si pensi che la famosa Little Boy di Hiroshima fu di 12-15 chilotoni, mentre gli attuali ordigni sono mediamente quattro volte più potenti.
Si ricorderà il disastro di Chernobyl le cui radiazioni hanno fatto e continuano a fare danni incalcolabili sulla popolazione della regione, e non solo.
L'A.C.N.E. (Associazione Consumatori Nucleari Europei) è molto preoccupata per le possibili conseguenze di un eventuale conflitto nucleare in Ucraina e chiede che vengano utilizzate bombe deradioattivizzate e derattizzate.
Si tratta di bombe atomiche integrali ad alto contenuto di scorie non radioattive, con esplosione ipocalorica.
In tal modo la guerra potrebbe procedere in maniera tradizionale, senza danneggiare le persone non direttamente coinvolte nel conflitto e salvaguardando le generazioni future.
Qualora venissero adottate nel settore bellico queste tecnologie a basso impatto, un giorno potrebbero trovare utilizzo nella società civile, come accade per molte tecnologie militari. Ne sono un esempio il sistema GPS e i droni, ma anche le barrette e i biscotti energetici, ideati proprio per sostenere le truppe impegnate in prima linea.
Si pensi, ad esempio, al vantaggio in termini di impatto ambientale se si potessero sostituire gli attuali forni a microonde con fornetti a reazione nucleare a zero emissioni.
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Paul Rice assisted by Nonna Abombarda – ACC

Gli unici funghi che vorremmo vedere
Le Storycette della Nonna - RISO ALL'INGLESE
Le Storycette della Nonna
RISO ALL'INGLESE
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Dosi per due persone (o per una sola, ma di grande appetito)
Riso 175 g
Burro 50 g
Sale q.b.
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L'ingrediente principale del riso all'inglese è - chi l'avrebbe mai detto - il riso.
Poi c'è il sale (poco, perché il sale, come si diceva una volta dalle mie parti, favorisce l'arteriosclerosi). Infine, il burro. Poco, perché anche il burro si pianta nelle arterie, provocando malattie poco piacevoli.
Togliete il burro dal frigo, mettetelo in una terrina, tagliatelo a pezzi e lasciatelo a temperatura ambiente (non meglio specificata, perché bisognerebbe tener conto della stagione e della latitudine) affinché si ammorbidisca. Cuocete il riso in abbondante acqua salata. Non chiedetemi quanta acqua, perché tutte le ricette parlano di "abbondante", e nessuno ha mai capito a quanto corrisponde, né in litri, né in chilogrammi, né tantomeno in once. Un po' come la formuletta "q.b.", che significa quanto basta. Ma quanto basta? Nessuno lo sa. Del resto, i grandi cuochi stellati si distinguono da nonna Maria proprio per queste profonde conoscenze culinarie: loro sanno calcolare l'esatto valore di "abbondante" e di "quanto basta", in ogni Sistema concepito dal Dipartimento Internazionale dei Pesi e delle Misure. E voi smettetela di fare domande assurde: in fin dei conti non state cucinando per meritare le stelle della Guida Michelin.
Scolate il riso, dopo averne controllato la cottura, possibilmente prima che diventi una poltiglia collosa, e aggiungetelo nella terrina con il burro. Bagnate con un mestolo di acqua di cottura (se ne è rimasta da quella "abbondante" iniziale) e girate per qualche minuto con un cucchiaio, lentamente, finché il burro si scioglie del tutto. Se volete, potete anche aggiungere una spolverata di parmigiano, ma sappiate che in questo caso il riso smetterà di essere all'inglese e diventerà riso alla parmigiana.
Immagino che i lettori si sentano presi per i fondelli: "Ma come, tutto qui? Ma questo è riso in bianco, cara la nostra nonna storica dell'arte culinaria!".
E hanno ragione. Come possono gli inglesi vantarsi di questa insulsa specialità, di questa insipida sbobba che mamma mi obbligava a mangiare quando avevo la diarrea?
Già è difficile immaginare un nesso tra il riso e l'Inghilterra, dove le risaie non esistono. Lo importano, ma con la Brexit potrebbe essere poco conveniente.
Resta la domanda fondamentale per questa ricetta: perché il riso bollito è detto "all'inglese"?
La teoria più diffusa è perché c'è il burro, un ingrediente che gli inglesi mettono dappertutto. Ma di questo passo noi potremmo chiamare la pasta in bianco "Pasta all'italiana" perché ci mettiamo l'olio extravergine dei nostri uliveti.
Un'altra teoria sostiene che il nome derivi dal film "Il paziente inglese", che narra di un malato di origini inglesi al quale forse (non è così chiaro) veniva somministrato del riso in bianco.
Mi dispiace dover aggiungere, a titolo di avviso, che secondo i moderni nutrizionisti non solo il burro fa male alla salute, ma anche il riso. Ormai tutto ciò che è bianco fa malissimo: il sale, il burro, la farina raffinata, lo zucchero, il latte, il riso bianco non integrale. La dieta salutare dovrebbe essere costituita da ortaggi e cereali integrali. Quindi, è sbagliato mangiare in bianco: bisognerebbe mangiare in verde. O in marrone, che è il colore della crusca, e di quell'altra cosa che la crusca aiuta ad espellere.
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Stefania Marello

Riso all'inglese
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Pianto all'italiana (al buio, sulle bollette della luce)
STAMPA LA PAGINA CORRENTE E MUORE FULMINATO
Si tratterebbe di un errore del tecnico della rete informatica, che potrebbe aver collegato inavvertitamente la stampante all'alta tensione, provocando così la morte per elettrocuzione di un impiegato presso una società specializzata nella fabbricazione di stuzzicadenti e ombrellini da cocktail.
Quando l'addetto alle pulizie stradali ha fatto irruzione nell'ufficio vendite, per il giovane sessantaseienne non c'era più nulla da fare. Era riverso sulla poltrona con il dito indice ancora sul tasto "avvia" della stampante.
È stato immediatamente isolato e messo a terra, per abbattere la carica elettrica.
Il titolare della ditta per cui lavorava, non ricevendo notizie da almeno mezz'ora, avrebbe chiamato in un primo tempo la Polizia di Stato, che risultava impegnata in una retata.
Successivamente avrebbe contattato la Polizia Giudiziaria, impegnata in un controllo su traffici illeciti di ananas guatemaltechi. Si sarebbe pertanto rivolto alla Polizia Postale, che però era occupata in un'intercettazione, così come la Stradale indaffarata in controlli sulla viabilità.
Procedendo in ordine alfabetico sull'elenco telefonico, dopo la polizia, avrebbe trovato la pulizia, ottenendo pronto riscontro e immediato intervento.
Il corpo del malcapitato è stato affidato ai famigliari, in attesa di decidere se procedere con i funerali, o se affidarlo alla scienza per uno studio sui superconduttori.
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Paul Rice - ACC

Per evitare altri spiacevoli incidenti, in attesa che venga ripristinato il voltaggio, è stato apposto un idoneo cartello per segnalare il pericolo
L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA GOCCIA
Tra le innumerevoli cose che peggiorano con l'avanzare dell'età c'è anche la qualità e la durata del sonno. Bei ricordi, quando la sera ci si addormentava rapidamente, sfiniti dopo una giornata di lavoro, e al mattino l'odioso suono della sveglia ci richiamava dal mondo dei sogni. Ma, superata una certa età, Morfeo (divinità dispettosa) si prende gioco di noi, sorprendendoci a tradimento sull'autobus (e facendoci perdere la fermata), o sul divano davanti alla TV, poco prima del finale dell'intrigante thriller che stavamo guardando. Sbadigliando andiamo a letto, dove iniziamo a rigirarci sotto le coperte, torturati da una strana forma di ballo di San Vito. E se condividiamo il talamo con il nostro uomo, è garantito che non appena ci addormentiamo lui ci sveglia con le sue rumorose processioni al bagno.
È la beffa del famoso proverbio: il pane arriva quando non si hanno più i denti, e l'insonnia arriva quando siamo in pensione e potremmo dormire quanto ci pare.
La mia amica Giovanna, settant'anni suonati, e un po' suonata ella stessa, stanca di non essere abbastanza stanca per addormentarsi, e stufa di contare le pecore alle tre del mattino, ha chiesto aiuto alla medicina. La sua dottoressa, essendo medico di base, non è all'altezza, e invece di confortarla le prescrive sbrigativamente delle gocce per l'ansia.
La sera stessa Giovanna, prima di coricarsi, si ricorda delle gocce: va in cucina, riempie mezzo bicchier d'acqua e apre il flacone del farmaco prescritto. Cioè, tenta ripetutamente di aprirlo. Sappiamo che i farmaci hanno chiusure di sicurezza a prova di bambino, ma non riusciamo a comprendere perché un adulto, pur dotato di pollice opponibile, non riesca a "ruotare il tappo e contemporaneamente premere", come è scritto sulle istruzioni. O meglio, ci riesce, ma il tappo continua a girare per l'eternità, senza tuttavia aprirsi. Intanto, l'ansia, che poi è il motivo per il quale si vorrebbe assumere il farmaco, cresce a dismisura.
Dopo una decina di tentativi, quando ormai le dolgono il pollice, la mano, il polso e persino l'avambraccio per lo sforzo, Giovanna riesce a svitare il tappo carogna. Ma la gioia non dura a lungo: sull'apertura del flacone c'è un altro tappino di plastica incastrato nel vetro, con un piccolo foro. Le istruzioni dicono che basta capovolgere il flacone per far uscire le gocce, ma chi le ha scritte è certamente un sadico. Giovanna capovolge il flacone sul bicchiere, e inizia a contare: scende la prima goccia, poi la seconda, poi - lentamente - la terza... poi... non scende più nulla, nemmeno scuotendo ripetutamente il flacone. A Giovanna sembra di essere finita in uno di quei cartoni animati in cui Paperino, o qualche altro personaggio sfigato e maldestro, litiga con un rubinetto rotto. Qui accade il contrario: il rubinetto che dovrebbe sgocciolare non sgocciola, e il contagocce diventa un conta-bestemmie.
Nel frattempo, l'ansia si trasforma in rabbia furibonda: proprio quello che ci vuole per conciliare il sonno...
Fortunatamente Giovanna si ricorda di aver conservato in un cassetto (noi anziani tendiamo a non buttare mai via nulla) un vecchio contagocce di quelli di una volta, con la sua pompetta di gomma, in grado di aspirare i liquidi e restituirli in gocce (che dovrebbe essere la funzione precipua di un contagocce degno del suo nome). Ma per poterlo utilizzare occorre prima togliere l'altro, quello inutile, ma ferocemente incastrato nell'apertura del flacone. La mia amica prova con un coltello, rischiando di vincere una notte insonne al Pronto Soccorso, con una ferita da taglio. Poi tenta con un cacciavite, ma riesce a sollevarlo di poco. L'estrema ratio ormai è il martello, con il quale fare a pezzi il flacone di vetro, e poi leccare il contenuto sparso sul tavolo. Fortunatamente ha ancora abbastanza lume della ragione per capire che potrebbe tagliarsi la lingua leccando, altre al prezioso liquido, anche le schegge di vetro. Ma alla fine ha l'idea vincente: le tenaglie, con le quali riesce finalmente a estrarre il bastardo, a sostituirlo con il contagocce vero, e a assumere finalmente la giusta dose di farmaco.
Ripone nell'apposita cassetta tutti gli attrezzi utilizzati e va a letto, stremata.
Quando finalmente si addormenta, sogna di inseguire, catturare e legare a una sedia (Giovanna guarda troppi film gialli) l'ingegnere che ha progettato quel sistema totalmente inutile per la conta delle gocce, quel marchingegno che di ingegno non ha nulla, e che sarebbe più appropriato chiamare "marchidiozia".
Il sogno si conclude con lei che prende a martellate le dita dell'uomo.
Si sveglia riposata e soddisfatta: finalmente una notte di sonno, allietata persino da bei sogni.
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Stefania Marello - ACC

Contagocce che conta
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Contagocce che non conta niente
UTILIZZA SEDICI PIENI PER VERIFICARE IL PREZZO MEDIO DEL CARBURANTE
Dopo il decreto del governo che prevede l'obbligo per i benzinai di esporre il prezzo medio nazionale del carburante accanto a quello fissato nella stazione di servizio, il Signor Umberto Santommaso ha deciso di toccare con mano la situazione, facendo il tour dei distributori italiani, annotando i prezzi praticati per benzina e gasolio, per poi calcolare il prezzo medio e compararlo con quello stabilito dal Ministero.
L'intento era quello di valutare la trasparenza delle informazioni relative al costo dei carburanti.
Partito da Tontolone al Tagliamento, dopo aver girato in lungo e in largo il Triveneto, facendo tappa in ogni stazione di servizio, si è reso conto di non poter più fare carburante causa raggiungimento limite di spesa sulla carta di debito.
Sono bastati sedici pieni di benzina per mandare in crisi la sua disponibilità nel conto corrente, costringendolo al rientro forzato a casa.
Il Signor Santommaso, nonostante il fallimento dell'impresa, non intende darsi per vinto e tenterà al più presto l'impresa di fare visita a tutte le stazioni di servizio d'Italia, isole comprese, allo scopo di calcolare con la massima precisione il prezzo medio del carburante.
Conoscere il costo medio della benzina non ha prezzo, tuttavia bisogna disporre di una carta di credito senza limiti.
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Paul Rice - ACC

Nuovo mezzo di locomozione in grado di attraversare tutta la penisola con un solo pieno
Gli scritti che contengono riferimenti a persone realmente esistenti hanno il solo scopo (si spera) di far sorridere e sono frutto del vaneggiare degli autori. Se tuttavia qualcuno non gradisse un articolo o una sua parte può chiederne la rimozione all’indirizzo di cui sopra, motivando l’istanza.
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